Il medico che opera nell’ambito del servizio sanitario nazionale sia dipendente che convenzionato, deve determinare la propria attività nella tutela di interessi costituzionalmente garantiti, assegnando alla sua azione di ogni giorno, efficacia, efficienza ed appropriatezza nell’uso delle risorse.
Le aziende sanitarie territoriali e ospedaliere da parte loro, per potere collaborare attivamente a raggiungere questi risultati, hanno obbligo, per legge o contratto di lavoro, di curare la formazione e la costante informazione dei medici allo scopo di determinare le migliori condizioni di lavoro cioè quelle più idonee ad assicurare i migliori risultati possibili in tema di salute, nel rispetto dell’uso delle risorse pubbliche.
Ciò può avvenire solo con la prevenzione e il costante controllo di eventuali difformi comportamenti. come peraltro previsto dalle norme vigenti nel rispetto naturalmente delle evidenze scientifiche. Verificare le procedure in uso da parte degli organi competenti all’interno del servizio sanitario regionale rappresenta, in verità, un corretto normale doveroso adempimento che, regolarmente esercitato, con spirito di corretta collaborazione, avrebbe consentito di prevenire anche le involontarie inosservanze a regole, naturalmente da verificare, lasciando alle dovute competenze aziendali le eventuali ipotetiche correzioni necessarie.
Il controllo e la verifica interna all’azienda, con l’uso degli organismi all’uopo previsti, purtroppo mai o troppo poco aditi, avrebbe rappresentato un doveroso e corretto modo di agire, da parte della pubblica amministrazione sanitaria, nell’interesse non solo del miglior uso possibile delle risorse ,ma anche delle stesse persone malate. La prescrizione di un qualsiasi medico, dipendente o convenzionato, nell’ambito del Ssn, è ovviamente sindacabile solo nel caso di violazione di norme o per questioni non giustificabili ai fini dell’appropriatezza.
Tuttavia, le stesse presunte violazioni devono, oltre che essere evidenti in ogni singolo caso, anche essere dimostrate, tranne quando sono dichiaratamente non appropriate, come nella nota medicina difensiva usata per difendersi da eventuali denunce da parte di cittadini non soddisfatti. Il medico non è un mero esecutore di norme, ma sopratutto non è un attore partecipe del sistema sanitario, per cui se vi è una prescrizione non appropriata, la stessa ricordo che deve essere dimostrata in ogni singolo caso.
Deve aggiungersi ancora che anche nell’ipotesi di prova di violazione di una norma regolatoria, deve essere dimostrata a carico del professionista la colpa grave e la negligenza. È certo che tutti i medici del servizio sanitario pubblico, non solo i medici di famiglia, devono ricercare sistematicamente la appropriatezza d’uso delle risorse, ma la segnalazione di una formale violazione non produce automaticamente una sicura responsabilità contabile perché bisognerà dimostrare, da parte degli altri, che la stessa violazione non sia dovuta piuttosto a precisa scelta terapeutica del medico, in questo caso non sindacabile. La violazione anche se dimostrata dovrà accompagnarsi sempre a colpa grave per poter essere punibile.
Il malato risulta essere insensibile all’aspetto economico della questione in quanto ovviamente chiunque chiederebbe per sé le migliori cure possibili, anche se più costose. Non possiamo non considerare come ogni singola prescrizione, come più volte sancito dalla Corte dei Conti, presenti una scala di valori, di cui si deve tener conto che sono valori civili, sociali, etici, giuridici da valutare in ogni singolo caso, sempre ai fini della responsabilità sia amministrativa che contabile.
Il medico ha margini di discrezionalità tecnica, anche se gli stessi non sono illimitati, ma devono essere utilizzati sempre, secondo logica e ragionevolezza.
Non mi sogno di fare considerazioni su questioni di cui non sono a diretta conoscenza sia per il grande rispetto delle Istituzioni dello Stato e degli organi incaricati dell’indagine, che per il dovuto approfondimento che l’Asp dovrà svolgere, anche se tardivamente e non preventivamente come avrebbe potuto e dovuto fare in piena sintonia con i medici di famiglia.
Mi sembra ragionevole pensare in ogni caso che tutto debba essere riportato nell’alveo delle norme che regolano la intera questione all’interno delle competenze dell’Asp, come sembra abbia chiesto la Corte dei Conti all’azienda sanitaria, senza voli pindarici o ardite interpretazioni, senza strumentalizzazioni a uso più o meno personale o politico, nel rispetto del ruolo e delle funzioni di ciascuno, nel superiore interesse della tutela della salute pubblica e dell’equilibrio finanziario del bilancio, anch’esso costituzionalmente garantito, non ritenendo alcuno che affrontare la questione con i politici che l’hanno determinata, in via diretta o indiretta possa costituire soluzione su quanto già accaduto.
Le norme e le regole da utilizzare esistono già, non se ne devono inventare altre, piuttosto occorre verificare la responsabilità oggettiva di chi aveva l’obbligo di prevenire, come da norma, questi fatti, piuttosto che curare la difficile interpretazione degli avvenimenti in essere con annessa strumentalizzazione politica.
Un caro saluto a voi tutti, cari colleghi: mi auguro si possa capire la necessità di procedere pacatamente insieme, nel rispetto della nostra dignità di uomini e professionisti, senza agitare gli animi, ma piuttosto con la fermezza e la pacatezza degli uomini giusti.
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