I grandi cambiamenti della medicina generale

I grandi cambiamenti della medicina generale

Domenico Grimaldi

La medicina generale italiana vive un periodo di grande cambiamento strutturale ed organizzativo verso forme di aggregazione mono professionali (Aft aggregazioni funzionali territoriali costituite solo da medici di medicina generale) ed Uccp (unita complesse di cure primarie, multi professionali) già da tempo previste dall’accordo collettivo nazionale e dagli accordi regionali, compreso quello della Regione Sicilia. Lo scopo di cambiare l’organizzazione della medicina generale, ferma restando l’attività contrattualmente prevista nei singoli studi dei mmg, è quello di soddisfare i bisogni di assistenza della popolazione, sempre più complessi e crescenti, visto l’allungamento della vita media, per l’aumento della cronicità e delle fragilità.

Garantire la sostenibilità del sistema significa quindi creare le condizioni per la costruzione vera del secondo pilastro della sanità pubblica nel territorio. Molte regioni in Italia hanno proceduto in questo senso, secondo quanto già previsto dal contratto nazionale e da quelli regionali verso questo modello di sistema sanitario più moderno e strutturato. Lo scopo di tale impegno già realizzato in molte realtà regionali è quello di superare l’isolamento e l’individualità, determinando una strutturazione di una parte dell’attività del medico di famiglia, in integrazione col sistema sanitario.

Il decreto Balduzzi ora legge dello Stato non fa altro che stabilire di costruire nel territorio nazionale una rete di poliambulatori pubblici con strumentazione di base e personale costituito dal personale convenzionato secondo quanto previsto dai singoli contratti di lavoro delle varie figure professionali. Questo personale con vari ruoli e funzioni dovrà lavorare in maniera integrata per assicurare assistenza ai cittadini nel territorio. Dovranno essere ancora stabilite negli accordi con i sindacati le modalità operative regionali per attuare il modello generale stabilito per strutturare concretamente le attività territoriali.

Il medico di famiglia dovrà spendere una parte del suo già stabilito impegno orario nelle articolazioni strutturali che dovranno essere realizzate e fornite dalle Regioni, per entrare a far parte integrata del sistema sanitario, ferma restando la necessità di dover mantenere la capillarità della presenza nel territorio.

Le Regioni che già hanno prodotto strutture e sperimentazioni in tal senso si trovano da tempo molto più avanti sul piano organizzativo, le altre con i piani di rientro o che comunque non hanno articolato il territorio in tal senso avranno bisogno non solo di risorse per adeguare le strutture ma anche del tempo necessario per procedere alla vera integrazione di sistema.