Mi sia permesso, preliminarmente, considerare che in linea di massima nel territorio il percorso della gravida troppo frequentemente avviene in ambito ospedaliero, senza che spesso ve ne sia un reale bisogno. Detto ciò occorre mettere in evidenza come anche per il percorso nascita la rete dei punti nascita risulta essere frammentata con conseguente diminuzione della qualità dell’assistenza. La sensazione che se ne ha è che la donna mostra di essere preoccupata della maternità per varie ragioni di contesto, ma anche per la accessibilità non facile ai servizi pubblici che dovrebbero prenderla in carico supportandola nel percorso.
Dopo la Conferenza Stato Regioni ed il conseguente accordo, gli obiettivi principali del percorso territoriale, fra cui l’umanizzazione, la riduzione della eccessiva medicalizzazione, la comunicazione con accoglienza della gravida, la riduzione dello stress, del dolore, l’addestramento all’allattamento al seno, la messa in sicurezza del parto per la tutela piena della salute di donna e neonato, la messa in sicurezza di tutti i punti nascita, non mi pare si possa dire siano stati realizzati in modo esaustivo, fatte salve naturalmente le dovute eccezioni che naturalmente esistono. Di sicuro vi è ancora strada da dover percorrere riguardo alla continuità dell’assistenza ed integrazione ospedale-territorio.
Occorre una messa a punto della rete consultoriale e dei servizi sociali nel territorio anche per diminuire la disparità fra le varie Regioni del Nord e del Sud con effettiva presa in carico dei casi di maggiore rischio e fragilità.
Non mi sembra essere contestabile il principio secondo cui i punti nascita con meno di 500 parti anno non siano sicuri. Si deve in merito ricordare che in genere il neonato nasce in buona salute ovunque, senza che ci siano grandi differenze, tuttavia la criticità severa si osserva in un caso su cento per cui diviene difficile avere sufficiente esperienza professionale per operare in sicurezza in caso di punti nascita a basso numero di parti l’anno.