Doveri morali, deontologici, etici nei confronti dei soggetti fragili contro la “Caccia agli untori”

Inizio questo mio intervento ricordando a tutti, in particolare ai medici e ai decisori politici, che da maggio 2014 tutti i medici che si iscrivono all’Ordine professionale dei medici devono espletare una apparente formalità che è il cosiddetto “ giuramento “; un tempo detto di Ippocrate, ma che oggi, sempre sulla scia delle norme dettate dal fondatore della nostra disciplina, è stato rivisitato.

Il medico, quindi, deve giurare formalmente dinanzi al Consiglio dell’Ordine, di osservare fedelmente alcuni impegni morali tra cui cito i seguenti: di esercitare la medicina in autonomia di giudizio e di responsabilità di comportamento, contrastando ogni indebito condizionamento che limiti la libertà e l’indipendenza della professione; di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica psichica e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona etc.; di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute; il nuovo Codice deontologico riporta all’articolo 52 l’obbligo di non partecipare mai all’assistenza sanitaria durante trattamenti disumani e alla tortura ed infine all’articolo 32 si ricordano i doveri del medico nei confronti dei soggetti fragili.

I principi etici costitutivi della professione medica, in aggiunta a quelli di SOLIDARIETÀ umana, troviamo quelli di UMANITÀ e quelli civili di SUSSIDIARIETÀ. La motivazione di questo memento introduttivo nasce dalle notizie di questi giorni sull’epidemia di scabbia, scoperta al nord, che in questi giorni è stata alla ribalta sui palcoscenici di testate giornalistiche nazionali e sui media televisivi. Poiché la medicina è un’arte che si serve della scienza, bisogna subito avvertire i lettori che gli acari della scabbia non sono forniti di ali e che pertanto, non volando, non possono attaccarsi con l’aria e che per accasarsi sulla pelle delle persone necessitano di due fattori: il contatto prolungato e le condizioni igieniche scadenti.



Secondo punto: la scabbia in Italia è sempre stata presente e si combatte efficacemente con anti parassitari e una buona detersione e quando si propaga nelle comunità è proprio per la scarsa igiene. Ora se i migranti, dopo essere già stati visitati e curati dai sanitari delle nostre terre che offrono i primi soccorsi, e ne conosco alcuni che senza preclusione seguono i dettami morali del giuramento e deontologici del nostro codice, vengono ”assemblati“ in locali non idonei per igiene andranno incontro ad infezioni dette di comunità.

Sbagliato è addossare a loro colpe che non hanno, invocando il pericolo degli “untori di manzoniana memoria”, quasi per coprire l’inefficienza della classe politica sia nazionale che europea, preferendo scaricarle sul più debole. In questo momento i medici, insieme agli altri professionisti sanitari, danno lezioni di solidarietà, umanità e sussidiarietà a chi invece di spettacolarizzare liti televisive devono affrontare e risolvere i problemi dei soggetti più deboli.