Bene sanità integrativa purchè non si sostituisca al SSN

Se la sanità pubblica deve essere realmente al servizio delle persone, medicina ed economia non sono autonome. Tagli, profitti, reinvestimenti e assistenza sanitaria integrativa devono innanzitutto conciliarsi con l’etica. Oltre ai diritti civili e politici, è la stessa Costituzione a sancire la tutela della salute e all’assistenza, ratificando quindi che la salute non ha prezzo, anche se i suoi costi aumentano e sono meno sostenibili. È questo il mio primo commento sui dati del Censis sull’aumento delle spesa sanitaria privata e la condizione di difficoltà di 11 milioni di italiani costretti a rinunciare alle cure perché troppo care.

Che ben vengano forme sanitarie integrative e agevolazioni fiscali per prestazioni che non sono più erogate dallo Stato purché servano ad offrire più garanzie per tutti e non si sostituiscano al Servizio sanitario nazionale. Bisogna ripartire da un welfare esteso anche ai fondi sanitari della spesa privata, che muove circa 4 miliardi di euro dei 30 miliardi di spesa sanitaria privata. Con un piano organico fatto di regole chiare, così come è avvenuto per il sistema della previdenza complementare. È vero che alcune coordinate vanno cambiate, come i ricoveri inutili, analisi di laboratorio superflui, cattiva amministrazione e spreco di farmaci. Ma è altrettanto vero che fino a ieri le regioni si sono misurate con una forma di sanità pubblica assistenzialista che ha privilegiato la cura piuttosto che la prevenzione, deresponsabilizzando nei fatti amministratori, professionisti e pazienti poco inclini al bene comune.

E poi c’é anche una questione meridionale di cui si parla poco e che va affrontata in fretta. Conosciamo già i numeri dell’Istat che indicano la Sicilia, seguita dalla Campania e dalla Calabria, come la regione italiana più povera. Perciò con meno possibilità di curarsi privatamente anche attraverso una forma integrativa di sanità, a cui con ogni probabilità i più disagiati non riuscirebbero neanche ad accedere. È innegabile che la Sicilia, come altre regioni, paga la distrazione di tante risorse e che, in generale, non può più funzionare “il tutto gratuito” con un aggravio economico del Ssn, ormai diventato fuori misura. Questo però non vuol dire negare il diritto alla salute.