Attenzione alle “false” convinzioni di chi ha in cura un malato

Attenzione alle “false” convinzioni di chi ha in cura un malato

Chi esercita la professione sanitaria, nell’esercizio della sua attività, si attiene di norma alle buone pratiche cliniche ed alle linee guida. È opportuno comprendere tuttavia la necessità di contrastare la cosiddetta medicina difensiva ed i rischi conseguenziali per la salute connessi a procedure non strettamente necessarie. In verità anche da un’analisi superficiale dei dati a disposizione può essere serenamente affermato che si prescrivono in eccesso test diagnostici ed interventi sanitari per svariati motivi, compresa la mancata conoscenza delle migliori prove scientifiche, senza considerare l’esistenza di un eccesso di raccomandazioni, in tutte le discipline specialistiche, condizionate in gran parte da logiche e modelli non sempre di sufficiente evidenza, spesso in situazioni di possibile conflitto di interesse, con nostra rinuncia alla titolarità e responsabilità nella tutela della salute dei cittadini e con eccesso di delega a società scientifiche ed a soggetti a volte titolari di interessi di ogni ordine e grado.

Tanti esempi potrebbero esser fatti come sulle raccomandazioni all’uso di nuovi farmaci, spesso costosi, che non sempre dimostrano in realtà ed effettivamente di essere migliori e di fornire benefici superiori ad altri, già in commercio, con stesse indicazioni e costi di gran lunga inferiori. D’altra parte seguire pedissequamente le indicazioni, in specifiche patologie croniche, di particolari target da dover raggiungere, ha mostrato di non dare sempre sufficienti garanzie di migliore risultato, visto che alla fine spesso si dimostra di avere aumentato i rischi per il malato a dispetto dei benefici che si sarebbero dovuti teoricamente ottenere. Un esempio per tutti può essere quello di indicare dei valori di emoglobina glicata nei diabetici così bassi da costringere ad intensificare le terapie farmacologiche, con possibili effetti negativi secondari, per raggiungere questo obiettivo.Tale indicazione, invero, dimostra di essere infondata in base alle migliori prove di efficacia e sicurezza, nonostante quanto sostenuto da qualche gruppo di diabetologi.

Altro esempio ancora può essere la indicazione da parte di alcuni del dosaggio del psa come screening, considerato che si ritiene, per le attuali conoscenze, che la periodica esecuzione dello stesso non apporta alcun reale beneficio. Ci si potrebbe dilungare con ulteriori esempi ma credo non sia necessario in quanto è venuto invece il tempo di migliorare sicurezza e qualità del servizio sanitario con una più coerente azione di sistema che sia capace di intercettare le false convinzioni e gli errori di varia origine e derivazione. Non esiste convegno, seminario, gruppo di lavoro o altro dove quanto ciò che è necessario fare non sia da tutti condiviso, tuttavia al di là del consenso formale non si va.

Mi pare di poter affermare in merito che la nostra vera natura si evince nell’opera e nell’azione per cui se vogliamo essere ritenuti degni di rispetto dobbiamo rimanere fedeli a questo principio generale, credo non frequentemente applicato, specie dai nostri rappresentanti istituzionali nella professione, bravi con le parole un po’ meno con i fatti.

Domenico Grimaldi