“Appropriatezza” delle prescrizioni

“Appropriatezza” delle prescrizioni

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La bozza del Decreto del Ministero della Salute sulla cosiddetta “appropriatezza prescrittiva” di analisi strumentali e di laboratorio di recente pubblicazione ha destato non poche perplessità tra medici e “addetti ai lavori”. “Assurdo determinare con la burocrazia questioni di cultura professionale e etica medica”. “L’appropriatezza prescrittiva sia gestita dalle aziende. Prima risolviamo la questione della responsabilità professionale”. “Lo Stato dica quello che può dare e cosa non può più concedere. I medici devono fare i medici”. Ecco qualche commento “a caldo” da parte di alcuni esponenti dei sindacati medici.

In estrema sintesi si tratterebbe di vincoli stringenti alla possibilità dei medici di richiedere accertamenti diagnostici ai propri pazienti e, secondo i critici, ciò costituirebbe un grande rischio per la salute dei cittadini e un attentato alla libertà di operare dei medici secondo “scienza e coscienza”. A ben vedere, però, che esista il problema della prescrizione “sconsiderata” di esami diagnostici nessuno può metterlo in dubbio. Molte società scientifiche hanno più volte, e già da molto tempo, denunciato la iper-prescrizione di analisi e accertamenti clinici. Analisi e accertamenti che sarebbero richiesti non tanto per la salute dei pazienti ma esclusivamente per quel fenomeno noto come “medicina difensiva”. I medici, cioè, sarebbero “costretti” a prescrivere indagini diagnostiche non tanto nell’interesse dei pazienti ma, piuttosto, per evitare di correre il rischio di andare incontro a potenziali denunzie e azioni risarcitorie da parte degli stessi pazienti.

Giusto per fare un esempio, un banale mal di testa può avere svariate cause, la maggior parte delle quali di poco conto e passeggere (basti pensare alla stagionale influenza che oltre a febbre e dolori articolari provoca, appunto, cefalea). C’è, però, la possibilità (remota e rarissima) che il mal di testa in questione possa essere dovuto a un tumore cerebrale. Ecco, allora, scattare la paura e, “per sicurezza”, la prescrizione di una TC cerebrale che possa escludere la (pur remotissima) possibilità della grave patologia.

L’argomento sarebbe lungo da trattare nella sua estrema complessità ma, con molta semplicità, non può non stupire che di fatto questo tentativo di risolvere un problema di enorme portata sia frutto della ennesima esigenza di “risparmio”. Nasca, cioè, non da esigenze di salute e sia frutto di una analisi scientifica, bensì molto più prosaicamente da esigenze di “cassa”, di risparmio economico. Questo dovrebbe fare gridare allo scandalo e costituire nota di sdegno. Infatti, il problema reale è che una TC, per quanto costosa in termini economici lo è ben di più in termini di salute. Infatti espone il paziente a una carica di radiazioni pari a svariate centinaia di radiografie standard (si calcola che una TC senza mezzo di contrasto equivalga a circa 300 radiografie del torace, cioè un paziente che sia sottoposto a una TC del cranio assorbe tante radiazioni come se facesse 300 rx del torace). Inoltre, richiedere TC in modo incondizionato e ingiustificato comporta la saturazione delle liste d’attesa e, quindi, un paziente le cui condizioni cliniche richiedano realmente l’esecuzione di tale esame (un paziente con un tumore in cui si debbano escludere eventuali metastasi) andrà incontro a inevitabili quanto, questa volta si, potenzialmente pericolosi lunghi tempi di attesa.