Aborti ripetuti: come evitarli?

Aborti ripetuti: come evitarli?

Giuseppe_Ettore

L’aborto ripetuto è certamente uno dei fenomeni riproduttivi studiati da più punti di vista: la numerosità̀, l’andamento in una serie di anni, le cause, la possibilità̀ di limitare tali cause o addirittura eliminarle, le sue possibili complicazioni, i suoi riflessi sulla organizzazione sanitaria e sui costi per il sistema sanitario nazionale e per le singole persone. Non vi è dubbio che l’aborto ripetuto è un fenomeno numericamente molto importante all’interno della abortività volontaria (Ivg, interruzione volontaria di gravidanza) in ogni paese del mondo, Italia inclusa, pur con delle incidenze variabili da nazione a nazione. In confronto con altri paesi europei e forse anche nel mondo, l’Italia si colloca con i valori più̀ bassi. Dati rilevati tra il 2010 ed il 2013 collocano la ripetitività̀ in Finlandia al 37.6 % delle donne che abortiscono, in Inghilterra e Galles al 37.0%, in Olanda al 35.0%, in Spagna al 37.2 %, in Svezia al 41.2 %.

Tra le cause quelle che più̀ facilmente incidono sono quelle economico-sociali: basso strato sociale, basso livello di studio, disoccupazione, difficoltà familiari. Uno dei presupposti più̀ importanti della ripetitività̀ è certamente una pregressa Ivg, il che indica come i sistemi di prevenzione facilmente falliscano. Molte di queste cause sono eliminabili e potrebbero essere eliminate con corrette attenzioni dei singoli e delle istituzioni. In particolare è evidente come l’utilizzo di una contraccezione di lungo periodo come i LARC (IUD-Cu, IUS-LNG, impianto sottocutaneo) potrebbe ridurne decisamente il numero, come sottolineato da molti dati della letteratura recente.

La figura dell’aborto volontario in Italia in questi ultimi anni ha avuto un andamento numerico in riduzione e nel 2014 il numero delle Ivg è sceso per la prima volta al di sotto delle 100.000 unità, collocandosi a 97.535 (dato provvisorio) con un decremento del 5,1% rispetto al dato definitivo del 2013 (105.770 casi), e con più̀ che un dimezzamento rispetto ai dati del 1982 (234.801 casi), come da relazione del Ministero della Salute che in ottobre 2015 ha presentato in Parlamento i dati definitivi del 2013 e quelli provvisori del 2014. La percentuale di aborti volontari ripetuti nel 2013 si colloca al 26,8% delle donne che hanno abortito. Se viene valutata la cittadinanza osserviamo il 38,0% nelle cittadine straniere e il 20,9% nelle cittadine italiane. Il fenomeno è facilmente spiegabile con la maggiore fertilità̀ delle donne immigrate, specialmente se provenienti dai paesi centro-africani.

Le cause della ripetitività̀ nelle cittadine straniere vanno ricercate in una maggiore fragilità̀ di questo gruppo di donne rispetto alla popolazione generale delle donne che abortisce. Vi può̀ incidere lo status economico e sociale, la scolarità̀, la mancanza di supporto a livello familiare, la scarsa conoscenza della nostra lingua, la mancata o scarsa conoscenza dei metodi anticoncezionali oppure la difficoltà all’approccio ai consultori e agli ambulatori pubblici.

Le possibili complicazioni di un atteggiamento ripetitivo sono certamente in prima istanza i costi per il sistema sanitario nazionale, ma anche e soprattutto i costi personali e sociali, più̀ difficilmente quantificabili, delle complicazioni legate alla procedura e delle sofferenze psichiche e fisiche che vi possono essere correlate. Possono anche esservi, sia pure in modesta percentuale, dei riflessi negativi sulle gravidanze future. Le complicazioni immediate più̀ frequenti sono le emorragie e le infezioni, registrate su 6.9 donne ogni 1000 Ivg. Purtroppo le complicazioni tardive sono più̀ difficilmente rilevabili. Interessante osservare che le complicazioni sono più̀ frequenti nell’Italia Settentrionale e Centrale, ma, trattandosi di piccoli numeri, probabilmente la differenza è dovuta a mancate registrazioni.

Se la numerosità̀ degli aborti ripetuti si colloca attorno ai 30.000 casi/anno negli ultimi tre anni di cui conosciamo i dati definitivi (2011, 2012, 2013), si può̀ tranquillamente calcolare che la spesa annua diretta per il sistema sanitario è stata di 39 milioni di euro, il che significa 117 milioni di euro in tre anni. Una spesa enorme che si potrebbe in gran parte ridurre con investimenti molto minori in progetti di prevenzione della ripetitività̀ dell’aborto.

I modi per limitare il fenomeno possono essere molti, e dati gli elevati costi del sistema sanitario nazionale correlati alla ripetitività̀, molti di questi costi potrebbero essere affrontati e ridotti dal sistema sanitario, sia attraverso opportune modalità̀ di informazione sulla prevenzione, sia attraverso la disponibilità̀ degli strumenti atti ad attuare questa prevenzione. In questo senso i metodi anticoncezionali sono certamente un importante strumento. In particolare lo sono i LARC (Long Acting Reversible Contraception; IUD-Cu, IUS-LNG, impianto sottocutaneo), metodi utilizzabili nel lungo periodo, da tre a cinque anni, dopo la loro applicazione nella cavità uterina o dopo l’inserimento nel sottocute dell’arto superiore non dominante. Peraltro la loro efficacia anticoncezionale è elevatissima e sfiora il 100%.

Nel mondo sono state attivate esperienze di prevenzione con varie modalità̀. Una possibilità̀ è quella di coinvolgere donne ed operatori in meccanismi di formazione prima di effettuare l’Ivg. Ciò̀ è stato fatto ad esempio in Usa con buoni risultati. Migliori risultati si ottengono però attivando opera di counselling nelle donne che praticano per la prima volta l’Ivg per l’applicazione immediata dei LARC durante l’aborto o subito dopo l’aborto nell’ambito della struttura dove la Ivg viene eseguita. Esperienze di questo tipo sono state attivate e sono attive in molte parti del mondo (Australia, Usa, Zambia, e altre nazioni). I risultati sono eccellenti, in particolare rispetto alle adolescenti, che sono quelle che hanno una più̀ lunga vita riproduttiva, e dunque una maggiore possibilità̀ di aborto se non usassero metodi anticoncezionali sicuri che impediscano la loro fecondità̀ nel lungo periodo.