Stress da lavoro, l’Oms riconosce ufficialment il burnout

Il lavoro nobilita l’uomo“, o almeno così era fino a un po’ di tempo fa. Oggi sembra che le cose siano cambiate.

L’Oms – Organizzazione mondiale della sanità – ha inserito questo disturbo tra le malattie riconosciute. Nonostante il termine sia ancora poco conosciuto, il primo a parlarne fu Herbert Freudenberger nel 1974, in un articolo scientifico.

Nel testo, lo psicologo statunitense associava tale patologia a una determinata categoria professionale: medici, infermieri e tutti coloro che ricoprivano ruoli assistenziali.

Non una vera e propria malattia, ma un disturbo che può portare a stress cronici e depressione.

In Italia non ci sono ancora dei dati o delle statistiche, al contrario della Francia e degli Usa, dove il problema sembra essere veramente diffuso e difficile da affrontare.

Tra i segnali che evidenziano il comparire di questo problema vi sono la spossatezza, l’isolamento, e la riduzione delle prestazioni, incidendo negativamente sulla produttività.

Un problema sicuramente da non sottovalutare, ma da affrontare su due piani paralleli: quello medico e quello culturale.

Il primo passo per affrontare e contrastare questo fenomeno è quello di diffondere una cultura del lavoro basata sul rispetto della persona, migliorando le condizioni di chi offre un servizio.

Non si tratta di concedere maggiori benefici ai lavoratori – che siano impiegati o liberi professionisti – ma di un miglioramento qualitativo del mercato del lavoro.

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