Social Networks: vietato al genitore postare foto del figlio minore senza il consenso espresso dell’altro

Social Networks: vietato al genitore postare foto del figlio minore senza il consenso espresso dell’altro

Nell’era dei social networks, è divenuta sempre più frequente la pubblicazione di foto dei figli minori da parte dei genitori. È senz’altro una pratica scorretta, che viola la privacy dei bambini, spesso ritratti in momenti di vita domestica e quindi nella piena esplicazione della propria sfera privata.

Purtroppo, molti genitori, per ragioni meramente narcisistiche, non comprendono il danno cagionato ai propri figli, le cui foto possono senz’altro essere divulgate verso un numero indeterminato di persone con il rischio di essere modificate per la creazione di materiale pedo-pornografico (si parla in proposito di “dark web”).

Situazioni di questo genere, soprattutto negli ultimi mesi, sono state oggetto di valutazione da parte dei Giudici di merito, principalmente nei casi in cui la pubblicazione di immagini e notizie sul minore generava in quest’ultimo un profondo stato di turbamento e di vergogna verso i compagni di scuola che vedevano le foto sul web.

Di recente, il Tribunale di Roma, sez. I civ., con ordinanza del 23 dicembre 2017, ha vietato ad una madre la pubblicazione di immagini ritraenti il figlio minore, nonché la rimozione delle immagini già pubblicate. Nella specie era pendente un giudizio di separazione tra i genitori, verso i quali, per comportamenti pregiudizievoli nei confronti del figlio, il Giudice investito della vicenda aveva pronunziato la decadenza dalla potestà genitoriale. A quest’ultima disposizione era seguita la nomina di un tutore che salvaguardasse gli interessi del minore. Si capisce, pertanto, come i rapporti tra madre e figlio erano ormai recisi da tempo e ciò ha portato la stessa a divulgare tramite i social networks immagini, notizie e dettagli sulla vicenda giudiziaria che vedeva coinvolta lei ed anche il ragazzo. Nel caso in esame, il Tribunale di Roma ha ritenuto violata la privacy del minore, ordinando alla madre di cessare la sua condotta pregiudizievole.

I dati normativi che stanno alla base di tale ordinanza, seppur in mancanza di un espresso richiamo fatto dal Giudice, sono l’art. 10 Cod. Civ., concernente la tutela del diritto all’immagine, gli artt. 1 e 16, c. 1, della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ai sensi dei quali è vietata ogni interferenza arbitraria nella vita privata dei minori di anni diciotto, e gli artt. 50 e 52 del Codice Privacy (d.lgs. n. 196/2003), i quali vietano la divulgazione di informazioni che rendano identificabili minori coinvolti in procedimenti giudiziari.

Anche il Tribunale di Mantova, con decreto del 20 settembre 2017, si è pronunziato su una vicenda similare. Nella specie, i genitori di un minore, nella pendenza di un giudizio di separazione, avevano siglato l’accordo di non pubblicare immagini e video dei propri figli sui sociali networks (accordo fortemente voluto dal marito, conscio della dipendenza dai social che aveva la moglie). È la cd. clausola “baby web reputation”, ossia il diritto alla privacy dei minori in rete.

Il Tribunale ha, poi, omologato quest’accordo, ritenendolo utile ad una migliore tutela del figlio minore della coppia.

Altra giurisprudenza di merito, come, ad esempio, il Tribunale di Foggia, si è pronunziata per colmare il vuoto normativo sul punto. Nonostante l’esistenza del Codice della Privacy, infatti, manca una disciplina ad hoc che regolamenti la materia. In assenza di norme specifiche, l’orientamento giurisprudenziale attuale è nel senso che occorra il consenso espresso da entrambi i genitori esercenti la responsabilità genitoriale alla pubblicazione delle immagini relative ai figli minori. In assenza di tale consenso espresso, l’altro genitore non può pubblicare alcun genere di informazione del figlio minore sul web.

L’auspicio è che i genitori comprendano, prima ancora che lo disponga un Tribunale, quanto possa essere pregiudizievole per i minori la pubblicazione di materiale che, con molta probabilità, verrà divulgato da soggetti terzi per fini criminosi.