Negli ultimi anni il tema della responsabilità medica è stato più volte oggetto di intervento legislativo affinché il paziente danneggiato da errori od omissioni da parte dell’esercente una professione sanitaria potesse essere tutelato. Per queste ragioni i medici sono soggetti, in misura maggiore rispetto ad altri professionisti, ad azioni giudiziarie e a domande di risarcimento del danno da parte dei propri pazienti.
Dopo il Decreto legge 13 settembre 2012, n. 158 (cd. Decreto Balduzzi), convertito, con modificazioni, dalla Legge 8 novembre 2012, n. 189, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, e la Legge 8 marzo 2017, n. 24 (cd. Legge Gelli), recante disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, il legislatore è nuovamente intervenuto sul tema.
Lo scorso 11 gennaio, infatti, con la legge delega n. 3 del 2018 il Governo è stato delegato dal Parlamento a riformare la materia della sperimentazione clinica di medicinali ed a prevedere disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute, anche al fine di adeguarsi alla più recente normativa europea.
Con specifico riferimento all’azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa che il paziente può esercitare nei confronti dell’esercente la professione sanitaria, nonché con riferimento al termine entro il quale la struttura sanitaria è tenuta a comunicare allo stesso l’instaurazione di un giudizio nei suoi confronti, l’art’ 11 della legge n. 3 del 2018 ha in parte modificato gli artt. 9 e 13 della Legge Gelli. Con riguardo all’azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa, l’art. 11 si è limitato a modificare la quantificazione del danno. Infatti, l’importo della condanna per la responsabilità amministrativa, in caso di colpa grave, non può oggi superare una somma pari al triplo del valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo.
Mentre, in caso di accoglimento della domanda proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata o nei confronti dell’impresa di assicurazione titolare di polizza con la medesima struttura, la misura della rivalsa richiesta dall’impresa di assicurazione, sempre in caso di colpa grave, non può superare una somma pari al triplo del valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguito nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo.
Resta comunque ferma la possibilità di esercitare l’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria solo in caso di dolo o colpa grave.
Inoltre, l’art. 11 in esame ha anche ampliato il termine entro cui le strutture sanitarie e sociosanitarie devono comunicare all’esercente la professione sanitaria l’instaurazione del giudizio promosso nei suoi confronti dal danneggiato: se prima era pari a 10 giorni, come riportava l’art. 13 della legge Gelli, oggi è stato aumentato a 45 giorni, a seguito delle modifiche intervenute. Resta fermo che il termine decorre dalla ricezione della notifica dell’atto introduttivo del giudizio e va fatta mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia dell’atto introduttivo del giudizio. L’omissione, la tardività o l’incompletezza delle comunicazioni naturalmente precludono l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa.
Nulla, infine, è cambiato in merito all’obbligo per gli esercenti le professioni sanitarie di attenersi, fatte salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ed elaborate da enti ed istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della Salute. Naturalmente, in mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali.