Responsabilità medica: il danno da perdita parentale ha natura extracontrattuale

Responsabilità medica: il danno da perdita parentale ha natura extracontrattuale

Il danno da perdita del rapporto parentale, per morte di un congiunto in caso di malpractice medica, rientra nell’alveo della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c..

Con tutto ciò che ne deriva anche in termini di prescrizione (cinque anni, anziché i dieci previsti in materia di responsabilità contrattuale). A precisarlo è la Suprema Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 14258 dell’8 luglio 2020.

La vicenda

In primo grado i figli di un paziente affetto da schizofrenia paranoide, che si era tolto la vita gettandosi da una finestra di una struttura ospedaliera, agivano in giudizio contro la stessa per ottenere il risarcimento del danno parentale subito.

I figli del paziente sostenevano che la struttura sanitaria avrebbe dovuto adottare delle misure idonee a scongiurare l’evento suicidario, invece verificatosi; nell’agire contro il personale sanitario ne invocavano una responsabilità contrattuale.

La domanda veniva però rigettata, tanto in primo quanto in secondo grado e, da ultimo, anche in Cassazione.

I principi enucleati dalla Cassazione

Nel caso di “danno parentale”, la struttura ospedaliera – ha precisato la Cassazione – non è responsabile in via contrattuale.

A dire degli Ermellini, infatti “deve ritenersi che una struttura ospedaliera risponda, contrattualmente, dei danni dei quali chieda il ristoro lo stesso paziente … non altrettanto   in ordine, invece, in relazione all’iniziativa risarcitoria assunta dai suoi stretti congiunti, per far valere, nelle stesse ipotesi, il danno da menomazione del rapporto parentale, o da perdita dello stesso”.

Ciò in quanto “il tratto distintivo della responsabilità contrattuale risiede nella premessa della relazionalità, da cui la responsabilità conseguente alla violazione di un rapporto obbligatorio”.

I congiunti del paziente non possono invocare nemmeno la peculiare figura del contratto con efficacia protettiva per i terzi, elaborata con particolare riguardo al rapporto contrattuale che si instaura tra la paziente in stato di gravidanza e la struttura ospedaliera (o il professionista)  a beneficio del terzo nascituro/neonato.

“Al di fuori di questo ambito– ha precisato la Cassazione – la figura del contratto con efficacia protettiva verso il terzo, nel campo della responsabilità da malpractice sanitaria, non ha ragion d’essere, dovendo, dunque, le pretese risarcitorie azionate “iure proprio” dai congiunti del paziente, unica parte della relazione contrattuale, essere fatte valere ai sensi dell’art. 2043 c.c..”

In definitiva, “il danno da menomazione del rapporto parentale, o da perdita dello stesso …  si colloca nell’ambito della responsabilità extracontrattuale”, con tutto ciò che ne discende anche in termine di prescrizione, che sarà quinquennale.

Insomma, tempi più stringenti per chi volesse essere risarcito del proprio danno parentale subito.