La storia che sto per raccontarvi ha dell’incredibile e dell’assurdo. Se qualcuno pensa che la morte esista davvero in questo mondo, a mio parere dico soltanto che una persona muore definitivamente quando non viene più ricordata, quando col tempo il suo nome non sarà più sussurrato neanche dal vento, quando niente e nessuno conserverà ciò che ha lasciato, allora sarà buio totale, allora sarà la “morte”. A distanza di ben 8 anni la cosiddetta “death haox” di Michael Jackson, ovvero la sua “finta morte” fa ancora parlare e fare notizia e a nulla è servito il pianto di sua figlia al funerale, le maschere di dolore dei fratelli e della madre, per non parlare della sua carissima amica Elizabeth Taylor volata via con lo stesso destino.
Ma torniamo un attimo indietro nel tempo. Il 5 marzo 2009 sul palco della 02 Arena di Londra Michael Jackson ha pubblicamente annunciato davanti a 365 paparazzi e duemila fan le tappe della sua “ultima chiamata sul palco”, ”the final curtain call” come l’aveva definita lui, che l’avrebbe visto protagonista di una tappa di 50 concerti per il mondo dal titolo ”This is it” questo è tutto. Persino il titolo è tutto un dire. C’è addirittura chi giurerebbe che la persona che è stata all’Arena in realtà fosse un sosia e in maniera particolare E-Casanova, un amico di vecchia data di Michael, in quanto lo stesso era irriconoscibile sia per l’aspetto fisico sia per il comportamento tenuto per l’occasione.
Ma c’è dell’altro che ha dell’inquietante. A quanto pare dalle riprese della conferenza stampa sono state annoverate centinaia di differenze che vedrebbero un altro Michael. A cominciare dalla voce, dai denti, dal polso, persino dalla mano destra dove le impronte di quel Michael non erano le impronte di sempre.
Ma il 25 giugno del 2009 il mondo intero viene sconvolto da una notizia. I diversi motori di ricerca su internet vanno in tilt per svariate ore per l’infinita quantità di persone che si collegano contemporaneamente per avere informazioni minuto per minuto. I fan in tutto il mondo pregano affinchè si tratti di una delle solite bufale ma qualunque cosa sia successa quel giorno la notizia rimane sempre la stessa: Michael Jackson la star che ha venduto milioni di dischi in tutto il mondo, il re del pop è morto. Ma ancora più strane sono le dinamiche della stessa “morte” perché oggi nell’era della tecnologia dove tutto è registrato in chip, da pc, da smartphone, evadere dalla realtà risulterebbe impossibile persino ad Arsenio Lupin, oltre che per lo stesso Michael.
Tutto inizia alle 12,21 del 25 giugno 2009 nel momento in cui arriva una chiamata al 911 per un’emergenza. La persona che chiama trasmette una certa “calma”, non si identifica e non dirà mai all’operatore che la persona che non respira a causa di un arresto cardiaco è Michael Jackson. Uno dei primi errori commessi sarà quello di comunicare che il medico personale di Michael ovvero Corner Murray, (che si scoprirà successivamente essere un attore) è con lui e sta praticando un massaggio cardiaco dal letto non dal pavimento dove la rianimazione cardiaca è corretta. Sta di fatto che l’ambulanza arriva a sirene spente e senza luci con centinaia di paparazzi ovunque.
La notizia ufficiale sulla morte dell’artista (preceduta dal sito americano TMZ, anche qui cala il mistero), sarà comunicata dal fratello maggiore di Michael, Jarmaine, non da un medico dell’ospedale come di solito avviene. C’è persino chi Michael, quel giorno, all’ospedale Uncla di Los Angeles non l’abbia mai visto e sembrerebbe, invece, che alcune persone abbiano riportato la storia secondo quanto una pista aerea sarebbe stata chiusa al pubblico, per motivi di sicurezza ma che poi si sarebbe visto partire un aereo di cui non esisterebbero piani di volo.
Da quel momento usciranno tre diverse autopsie sul corpo del cantante mai firmate dal corner quindi impossibile stabilirne l’autenticità. Il MEMORIAL che farà da funerale verrà trasmesso in mondovisione il 7 luglio 2009 allo Staples Center dove sino al 24 giugno si sono tenute le prove del concerto che è stato ripreso attimo per attimo per poi farne un documentario. Come mai riprendere le prove di un concerto? Che fosse tutto archiviato come da piano? E che dire della nuova versione del brano “Will you be there” cantata al funerale in una nuova versione mai sentita? Nella parte finale del brano Michael recita la parola “pain” che tradotta in italiano è dolore, mentre durante il funerale si sente chiaramente ”pains”, ovvero dolori. Infatti in tutte le registrazioni e in tutti i concerti la parola rimane sempre pain. Che sia Michael a cantarla dal vivo?
E ancora. Se vi capita di ascoltare il brano “This is it”, che Michael ha scritto nel 1982 e riportato in auge solo in questa occasione, al contrario, ascolterete dell’incredibile. È una chiara dichiarazione: ”sono vivo!”. Persino la pepsi che da sempre è stata sponsorizzata ufficialmente da Michael Jackson durante i concerti, dopo la “scomparsa” dell’artista ne ha tratto una pubblicità con un animale della preistoria, in particolare un dodo, che resuscita cantando “I’m alive”, ovvero sono vivo, eseguendo il passo del moonwalk dello stesso Michael. Persino i giochi della Sony, la casa discografica di Michael, a lui dedicati, riportano titoli come “I live” e l’ultimo album di Michael Jackson prende il titolo di un brano “Xcape” che vuol dire fuggito.
Banalità, pure illusioni di fan che non accettano la morte di un artista che hanno amato e continuano ad amare, casualità? Ma è pur vero che il caso non esiste e Michael ha deciso di intraprendere questo lungo viaggio al suo 50mo anno di età e nell’esoterismo questo numero rappresenta le grandi conquiste come quella della libertà, tanto amata da Michael e che non ha mai avuto. Persino la tomba di Michael sembrerebbe riportare il nome di un’altra persona. Infatti sta scritto Michael Joe Jackson e non Joseph che è il vero nome. Per cui che sia vivo o no, lo immagino così sdraiato sul divano di casa che se la ride alimentando con altri indizi i “Believers” che sono i fan che non hanno mai creduto alla sua morte. Per cui lunga vita al re del pop che ancora di strada ne ha tanta e noi siamo qui ad attenderlo a braccia aperte.