Mantenimento dei figli: condannato padre che si finge povero

Mantenimento dei figli: condannato padre che si finge povero

Il Tribunale ordinario di Campobasso, con la recente sentenza n.49/2015, ha condannato un uomo a due mesi di reclusione e al risarcimento di 25mila euro all’ex moglie per il reato di cui all’art. 12-sexies della legge sul divorzio (Legge n. 898/1970), per essersi sottratto all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli. Nel caso in esame, l’uomo si era dichiarato nullatenente e non aveva versato per anni ai figli non autonomi economicamente la somma stabilita dal Giudice del divorzio. Egli infatti asseriva di non avere adeguate risorse né un reddito costante e di non poter conseguentemente versare la somma su di lui gravante.

Nella sentenza si legge a chiare lettere…. che in sede penale, è escluso ogni accertamento sulla effettiva capacità proporzionale di ciascun coniuge di concorrere al soddisfacimento dei bisogni dei figli, spettando al solo Giudice civile tale verifica, in quanto la disposizione incriminatrice si limita a sanzionare la condotta di inadempimento. E tale verifica è stata effettuata dal giudice civile il quale, rigettando la richiesta di revisione delle condizioni del divorzio presentata dall’imputato ha ritenuto poco credibile la condizione di nullatenenza dell’uomo, il quale aveva tentato di occultare al fisco gli ingenti redditi del passato. L’uomo infatti aveva capziosamente fatto rilevare la ditta di cui era titolare alla nuova compagna, spostato la sede della stessa nello stabile di proprietà della madre dell’uomo anche se il socio unico di tale ditta è una società con sede in Albania della quale risulta amministratore proprio l’imputato. Tuttavia l’uomo non ha trovato un terreno fertile nel nostro paese ove vige una rigorosa disciplina in materia.

La Giurisprudenza, sulla solida base legislativa che sussiste nel nostro paese in materia di mantenimento della prole, è ormai da anni assolutamente pacifica in ordine al dovere dei genitori di dover sostenere economicamente i figli che non siano ancora indipendenti. A norma dell’art.155 c.c. il Giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando le attuali esigenze del figlio, il tenore di vita goduto dallo stesso in costanza di convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, le risorse economiche di entrambi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Sempre da un punto di vista civilistico, in caso di inosservanza di detto dovere, l’art. 156 pone varie forme di tutela, tra le quali l’ordine di pagamento diretto, il sequestro di beni dell’obbligato, il ritiro del passaporto. Tale dovere poi è sanzionato, nel caso di inadempienza, da norme di carattere penale. L’art. 570 c.p., inserito tra i delitti contro la famiglia ed, in particolare, nel capo intitolato “dei delitti contro l’assistenza familiare”, sanziona, tra le altre, la mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza a discendenti minorenni, inabili al lavoro, agli ascendenti ovvero al coniuge. Tale reato si configura non già in presenza di una qualsiasi omissione di pagamento dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice ma quando tale omissione priva materialmente il coniuge o i figli dei mezzi di sussistenza, determinando una condizione di disagio tale da mettere in difficoltà gli aventi diritto in ordine alle primarie esigenze della vita.

Ciò è infatti quanto accaduto nel caso della sentenza del Tribunale di Campobasso, che ha dato una lezione materiale all’uomo, e una lezione morale a tutti coloro i quali vorrebbero venir meno ai loro doveri in favore dei figli.

Avvocato Elena Cassella del Foro di Catania