La Cassazione si pronuncia sulla responsabilità medica

La Cassazione si pronuncia sulla responsabilità medica

Torna a pronunciarsi la Cassazione penale sull’annosa questione della responsabilità del medico e lo fa con una sentenza che risulta molto importante al fine di comprendere in modo più chiaro quali siano i confini della responsabilità medica a seguito soprattutto della recente riforma Gelli-Bianco.

Con la recentissima sentenza 50078/17 depositata il 31 ottobre 2017, la Suprema Corte di Cassazione ha annullato, agli effetti penali, la condanna che era stata inflitta ad un medico per le lesioni causate da un intervento di chirurgia estetica.

I fatti: in primo grado un medico veniva condannato per il reato di lesioni colpose gravi per aver provocato in danno del suo paziente, sottopostosi ad un intervento di lifting del sopracciglio, una perdita di sensibilità della zona operata permanente a distanza di ben cinque anni dall’intervento.

In appello veniva confermata la decisione del giudice di prime cure ed esclusa l’applicazione della legge Balduzzi, in ragione della non particolare complessità dell’intervento e della gravità della colpa, “concretizzatasi in una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato”.

La Cassazione, dopo aver tra l’altro rielaborato funditus lo stato dell’arte sulla responsabilità medica, riscontra il mancato esame nelle sentenze di merito del rispetto da parte del medico di quelle linee guida o buone pratiche che gli sarebbero valsi la non punibilità (sebbene poi nel caso specifico la Cassazione rilevi l’avvenuta prescrizione del reato ed annulli dunque agli effetti penali la condanna del sanitario).

Il Giudice di legittimità ha così avuto modo in tale occasione di ribadire che il nuovo articolo 590 sexies del codice penale (a seguito della legge di riforma Gelli-Bianco) ha eliminato la depenalizzazione della colpa lieve prevista dalla precedente legge Balduzzi.

Com’è noto, la riforma Gelli-Bianco, intervenuta solo sette mesi fa’, ha provveduto a ridisegnare i profili della responsabilità penale del medico, già oggetto della recente legge Balduzzi, e, più nello specifico, introdotto una vera e propria causa di non punibilità per la sola imperizia, destinata ad operare, a prescindere dal grado della colpa, allorché l’azione terapeutica del medico sia giudicabile come rispettosa delle raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero, in mancanza di queste, delle c.d. “buone pratiche clinico assistenziali” e che dette raccomandazioni risultino adeguate alla specificità del caso concreto.

Se queste condizioni sono rispettate, a differenza di quanto accadeva sotto il vigore della “Balduzzi”, anche la condotta gravemente imperita può risultare penalmente non punibile.

Ne deriva, così, una causa di non punibilità per la sola imperizia, non prevista per negligenza ed imprudenza, la cui operatività, come già detto, è subordinata al rispetto da parte del medico delle linee guida o delle buone pratiche clinico assistenziali.

Come si osserva nella sentenza non vi sono dubbi sulla “non punibilità del medico che, seguendo le linee guida adeguate e pertinenti pur tuttavia sia incorso in una “imperita” applicazione di queste”.

“È una scelta del legislatore – sostiene la Cassazione – di prevedere in relazione alla colpa per imperizia, nell’esercizio della professione sanitaria un trattamento diverso e più favorevole rispetto alla colpa per negligenza o per imprudenza” che sembra suscitare negli stessi ermellini qualche dubbio circa il rispetto dell’art. 3 della Costituzione.