Confisca di animali maltrattati: spetta al sindaco l’obbligo di mantenimento

Confisca di animali maltrattati: spetta al sindaco l’obbligo di mantenimento

Sono divenuti sempre più frequenti i casi di maltrattamenti di animali, al punto da indurre il legislatore ad introdurre nel codice penale, con la legge 20 luglio 2004, n. 189, successivamente aggiornata dalla legge 4 novembre 2010, n. 201, una nuova fattispecie di reato, finalizzata alla tutela degli stessi.

L’articolo rubricato, appunto, “Maltrattamento di animali”, è il 544 ter del codice penale, che punisce con la reclusione o con la multa chi cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche.

Recentemente, la Suprema Corte di Cassazione, quarta sezione penale è intervenuta, con sentenza n. 18167 del 11 aprile 2017, per chiarire importanti profili in materia ed individuare il soggetto competente a provvedere al mantenimento degli animali maltrattati e, conseguentemente, confiscati dal giudice penale.

L’art. 240 del codice penale stabilisce che il giudice deve sempre ordinare la confisca delle cose la cui detenzione costituisce reato. Ciò, naturalmente, vale anche per gli animali laddove questi siano stati oggetto di maltrattamenti o sevizie da parte dell’uomo.

L’art. 544 sexies del codice penale, richiamando l’art. 240 appena citato ed introdotto dalla legge n. 189 del 2004, dispone che “è sempre ordinata la confisca dell’animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato”.

Ma andiamo al caso.

Si tratta di una vicenda che poneva in luce il disposto di cui all’art. 19 quater delle disposizioni di attuazione del codice penale, rubricato “Affidamento degli animali sequestrati o confiscati”.

Tale norma affida ad associazioni o ad enti che ne facciano richiesta gli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca, debitamente individuate con decreto del Ministro della Salute.

Nel caso di specie, presentato dinanzi alla Suprema Corte, nessuna associazione o ente faceva richiesta di affidamento dell’animale maltrattato e sequestrato.

E allora, chi è il soggetto competente a mantenere l’animale ormai rimasto privo di padrone?

La scelta è ricaduta sul Comune, nella persona del sindaco, demandato ovviamente al mantenimento dei soli animali presenti nel territorio comunale. A condizione che la sentenza, pronunziata al termine del processo in cui è stato disposto il sequestro dell’animale e che ha convertito quest’ultimo in confisca, sia passata in giudicato.

Come mai il Sindaco è stato ritenuto il soggetto più idoneo a mantenere l’animale?

Naturalmente il Comune, secondo la ratio del legislatore che ha introdotto questa norma e che è stata fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità, è un ente che vanta una posizione di garanzia rispetto al benessere degli animali presenti nel territorio.

Il Comune, cioè, è stato ritenuto l’unico soggetto in grado di salvaguardare l’esistenza e la salute di quegli animali che, confiscati per maltrattamento, sono ormai privi di padrone e, pertanto, di controllo.

Peraltro, un importante ruolo del Comune in materia è stato individuato in molteplici leggi nazionali: si pensi all’obbligo per il sindaco di vigilare sull’osservanza delle norme relative alla protezione degli animali presenti sul territorio comunale o al compito per i Comuni di risanare i canili comunali e di costruire rifugi per cani randagi.

Questa scelta giurisprudenziale comporta delle spese per i Comuni Italiani?

L’art. 19 quater disp. att. parla di confisca ordinata dal giudice penale con sentenza passata in giudicato. Ciò significa che nel corso di tutto il processo penale sarà lo Stato a provvedere alle spese di custodia dell’animale, per intanto, sequestrato. Nel momento in cui la sentenza che conclude il processo penale, e con cui il sequestro dell’animale viene convertito in confisca, sarà passata in giudicato, l’obbligo di mantenimento nascerà in capo al Comune, con le spese che ne conseguono. Sempre che, nel frattempo, nessuna associazione o ente si sia fatto volontariamente carico dell’affidamento dell’animale.

Naturalmente, l’auspicio è che le pene introdotte dal legislatore facciano da reale deterrente alla reiterazione di condotte di maltrattamento, così da evitare a monte il sequestro e la successiva confisca degli animali.