Catania ricorda Serafino Famà, ucciso dalla mafia 23 anni fa

Catania ricorda Serafino Famà, ucciso dalla mafia 23 anni fa

Era la sera del 9 novembre 1995. L’avvocato Serafino Famà usciva dal suo studio per dirigersi alla macchina, ma all’angolo tra viale Raffaello Sanzio e via Oliveto Scammacca, a Catania, venivano esplosi sei colpi di pistola che lo ferivano. L’avvocato Famà si accasciava al suolo, senza scampo. Un’altra vittima della mafia, semplicemente perché provava a fare il suo mestiere, a rispettare le regole.

Come ogni anno, il 9 novembre il Tribunale di Catania si è unito per ricordare l’avvocato Famà e ripercorrere i momenti salienti del suo percorso lavorativo.

La Camera Penale di Catania, intitolata proprio all’avvocato, ha scandito la giornata di giovedì e quella di ieri con iniziative in suo omaggio, grazie anche alla dedizione del presidente avv. Turi Liotta e del suo direttivo e alla partecipazione di personalità del mondo giuridico, quali  l’avv. Francesco Antille del foro di Catania, il dott. Fabio Regolo, sost. procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, la dott.ssa Enza De Pasquale, giudice del Tribunale Penale di Catania, il prof. avv. Massimiliano Annetta del foro di Firenze e il presidente dell’Unione Camere Penali Italiane avv. Giandomenico Caiazza.

Toccante il ritrovo di giovedì mattina nella biblioteca dell’ordine degli avvocati di Catania, aperto alla città intera e al quale sono intervenuti gli avvocati cresciuti nello studio Famà. Al centro dei racconti la vita professionale dell’avv. Famà, come si rapportava con i colleghi, come preparava le cause, come affrontava le questioni giuridiche che ogni processo presenta.

Dalle note un po’ più accademiche è stato l’incontro di ieri al Palazzo di Giustizia, dove si è affrontato un tema molto caro all’avv. Famà: il principio di legalità e il rispetto delle forme.

Ogni anno, l’obiettivo della Camera Penale è quello di far conoscere meglio la figura umana e professionale di Serafino Famà, ma anche quello di sollecitare la riflessione su temi importanti che riguardano l’avvocatura tutta, come quello della sicurezza nel luogo di lavoro.

Non sono sporadici, infatti, gli episodi di violenze e minacce esercitate su chi svolge la professione forense. È noto che in Italia tali attacchi possono essere originati dalla criminalità organizzata o da organizzazioni terroristiche direttamente o indirettamente coinvolte nei procedimenti penali dove l’avvocato sia parte. L’avvocato, difensore dei diritti umani e uomo di legge, risulta spesso una figura scomoda.

È per questo che, nel febbraio 2015, l’Unione delle Camere Penali Italiane ha dato vita al progetto “Avvocati minacciati – endangered lawyers” con lo scopo di avviare forme di cooperazione nazionale ed internazionale che salvaguardino la vita e la libertà di tutti gli avvocati vittime di minacce e persecuzioni.

Ricordare Serafino Famà è anche un modo per chiedere allo Stato una maggiore sicurezza dei professionisti. Occorre predisporre strumenti sempre più idonei a proteggere la vita e la libertà di chi svolge una professione delicata come quella forense.