QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.
È difficile raccontare il mio anno in Serbia senza utilizzare frasi banali e ripetitive come “è stato il migliore anno della mia vita”; eppure è proprio così, è stato un anno speciale, unico.
Non si è trattato di un periodo di vacanza o di ozio anzi, al contrario, ho dovuto impegnarmi più che mai, a cominciare dall’apprendimento di una lingua nuova, sconosciuta, difficile.
Prima di partire ero emozionato, ansioso, ma non avevo paura di lasciare la mia vita per così lungo tempo, ero, piuttosto, desideroso di vivere questa nuova esperienza e mi rendevo conto che si trattava di un’occasione straordinaria.
Anche adesso sarei pronto a partire senza esitazione per ritrovare gli amici, i luoghi, le circostanze che negli ultimi mesi ho vissuto in Serbia e che avevo paura di lasciare seppur, al contempo, desideroso di riabbracciare la mia famiglia.
Lontano da Zajecar provo molta nostalgia, avevo ancora tanto da imparare e per quanto mi sia sforzato di conoscere il più possibile, ho acquisito solo una minima parte della cultura dei serbi, delle loro abitudini, del loro modo di essere e di vivere.
Ricordo, tra i tanti, sorprendenti episodi, un giorno particolare: era un comunissimo giorno di marzo, era già caduta la seconda neve e mi stavo avviando verso scuola.
Alle 7:30 ero già per strada; c’era mezzo metro di neve ed ero bagnato fino alle caviglie. Dovevo compiere un percorso di trenta minuti a piedi. Le lezioni iniziavano alle otto e, scivolando un paio di volte, ero comunque riuscito ad arrivare in orario.
La prima lezione era trascorsa velocemente; era la classe di fisica, ancora lo ricordo. Ad ogni cambio dell’ora avevamo una breve pausa durante la quale ci dilettavamo a lanciare palle di neve contro i ragazzi della scuola di fronte.
Presi dal divertimento non ci rendemmo conto che eravamo almeno in duecento a tirare le palle di neve! Sopraggiunse persino la polizia per tentare, invano, di fermarci e riportare ordine.
Io ero incredulo, divertito, stupefatto!
La straordinaria esperienza vissuta in Serbia mi ha aiutato a crescere, mi ha aperto la mente proiettandomi verso nuove culture, non solo quella serba.
La consiglio vivamente in quanto altamente formativa sia sul piano culturale sia, soprattutto, su quello umano e relazionale.
Vale la pena rischiare, trovare il coraggio di affrontare situazioni e circostanze singolari, di allontanarsi dalla propria famiglia e dai propri luoghi pur di ritrovare se stessi in una nuova cultura, in una nuova lingua, in un nuovo Paese.
Matteo Guarnieri
Classe V Sez. A Inf. – I.T.I.S “E. Fermi – R. Guttuso”, Giarre