CATANIA – La Polizia di Stato ha dato esecuzione all’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania a carico di 24 soggetti, 20 dei quali in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 1 sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.
Più nello specifico, gli individui indicati a seguire, sono destinatari della custodia in carcere:
1. ARCIDIACONO Lorenzo (36 anni);
2. ARDIZZONE Giuseppe Agatino (29 anni);
3. D’AMBRA Andrea (26 anni);
4. D’AMBRA Massimiliano (37 anni);
5. DISTEFANO Carmelo (52 anni);
6. FAZIO Carmelo (62 anni);
7. GAROZZO Antonino (31 anni);
8. GARUFO Orazio (50 anni);
9. GURRERI Natale (47 anni);
10. LICCIARDELLO Giuseppe (24 anni);
11. LICCIARDELLO Pietro (53 anni);
12. MONACO Salvatore Manuel (26 anni);
13. PARISI Nicola Christian (44 anni);
14. PITERÀ Gabriele Giuseppe (40 anni);
15. PITERÀ Giuseppe (22 anni);
16. SAUTTO Gennaro (42 anni);
17. SCAGLIONE Filippo (48 anni);
18. SCUDERI Luigi (34 anni);
19. SETTEDUCATI Fabio (28 anni);
20. ZAPPALA’ Carmelo (56 anni).
I tre successivi, sottoposti agli arresti domiciliari:
21. PIGNATARO Pasquale (45 anni);
22. RAGUSA Angelo (40 anni);
23. PLATANIA Giuseppe (27 anni).
L’ultima che segue, destinataria dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria:
24. PITARA’ Santa (50 anni).
Tutti sono gravemente indiziati, con differenti profili di responsabilità e allo stato degli atti ed in relazione alla fase processuale che non ha ancora consentito l’instaurazione del contraddittorio con l’intervento delle difese, dei delitti di associazione di tipo mafioso, clan Cursoti Milanesi e clan Cappello-Bonaccorsi, estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illecita di armi da sparo, ricettazione, danneggiamento, tutti reati aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza.
Il provvedimento restrittivo, emesso sulla base di indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia ed eseguite, congiuntamente, dalla Squadra Mobile – Sezione Criminalità Organizzata della Questura di Catania e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, accoglie gli esiti di una complessa ed articolata attività investigativa, condotta tra il mese di novembre 2018 e quello di settembre 2019, che si è incentrata sul clan mafioso dei Cursoti Milanesi, tradizionalmente attivo nella zona di San Berillo Nuovo del capoluogo etneo.
L’indagine, supportata da presidi tecnici (intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, oltre a videoregistrazioni), nonché corroborata dalle dichiarazioni rese da quattro collaboratori di giustizia , ha fornito una attuale e fedele immagine delle dinamiche criminali interne al clan mafioso dei Cursoti Milanesi, ritornato ad esercitare il pieno controllo criminale sull’intero rione San Berillo Nuovo, comprese quelle parti del quartiere che, nel recente passato, erano passate sotto il controllo del clan Cappello-Bonaccorsi, come la zona di corso Indipendenza.
Le indagini del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile hanno interessato entrambe le frange che storicamente compongono il clan Cursoti Milanesi: il gruppo che sarebbe capeggiato dai fratelli Francesco Distefano noto come “pasta cà sassa” e Carmelo Distefano, figli dello storico capoclan Gaetano noto come “Tano sventra”, ed il gruppo che sarebbe riconducibile a Rosario Piterà detto “u furasteri”, quest’ultimo poi deceduto nel 2020.
In particolare, l’indagine ha cristallizzato diversi momenti di fibrillazione interna al clan in ragione anche della presunta ascesa criminale di Carmelo Distefano ai danni del gruppo storico facente capo a Rosario Pitarà, sfociati in una serie di episodi di violenza con l’utilizzo di armi da sparo; nell’ambito della situazione di elevata fibrillazione creatasi, un membro del clan, Nicola Christian Parisi detto “u scinziatu”, agendo sotto l’egida dell’anziano Rosario Piterà, si sarebbe contrapposto a sua volta alla frangia dei fratelli Distefano per il controllo dell’organizzazione e delle “piazze di spaccio” del quartiere San Berillo Nuovo.
In tale quadro di violenze si inseriva il tentato omicidio con armi da fuoco ai danni del cognato di Parisi, Giuseppe La Placa detto “u sfregiatu”, avvenuto la notte del 12 novembre 2018 nel rione San Berillo Nuovo a causa di contrasti sorti in seguito al presunto rientro di quest’ultimo nel clan Cursoti Milanesi, dopo essere transitato in passato nel clan Cappello – Bonaccorsi.
Scarcerato il 24 agosto 2018 dalla Casa Reclusione di Rossano (CS), dopo aver scontato una lunga pena detentiva, Carmelo Distefano, grazie al proprio carisma criminale sarebbe riuscito a compattare sotto la propria leadership le due fazioni familiari che costituiscono l’ossatura dell’accolita, sedandone le tensioni interne e ridimensionando le presunte aspirazioni di vertice di Parisi che si sarebbe poi allineato ai voleri del capoclan tornato in libertà.
Le indagini hanno permesso così di ricostruire l’organigramma della famiglia, il cui vertice sarebbe stato individuato in Carmelo Distefano, che sarebbe coadiuvato dai luogotenenti Natale Gurreri e Giuseppe Piterà, quest’ultimo legato da vincoli di parentela con “u furasteri”.
Allo stesso modo, sono stati identificati i presunti gregari dell’organizzazione, ai quali i vertici avevano assegnato compiti esecutivi (come la gestione delle varie “piazze di spaccio” del rione San Berillo Nuovo o la riscossione di estorsioni), che avrebbero agito sotto il diretto comando di Distefano e dei suoi luogotenenti.
Durante l’attività, gli investigatori hanno documentato diversi “summit di mafia” tra esponenti del clan Cursoti Milanesi ed esponenti di rango del clan Cappello-Bonaccorsi finalizzati a mediare alcuni contrasti di natura economica sorti tra le due consorterie mafiose; per tale ragione, le indagini hanno consentito, altresì, di delineare la condotta illecita contestata ad alcuni storici affiliati al clan mafioso Cappello-Bonaccorsi come Carmelo Fazio detto “Melo biduni” e Camelo Zappalà detto “u tunnacchiu”, che sarebbero entrati in contatto con Distefano ed altri componenti di rango del clan Cursoti Milanesi.
Nel corso delle indagini venivano acquisiti elementi di riscontro in ordine ad un’estorsione consumata in danno del titolare di un parcheggio ubicato nel quartiere San Berillo Nuovo, costretto a versare negli anni svariate somme di denaro ai riscossori del clan succedutisi nel tempo, nonché di una tentata estorsione ai danni di un imprenditore locale.
L’indagine ha poi dimostrato il monopolio esercitato dal clan Cursoti Milanesi sulle numerose “piazze di spaccio” del rione San Berillo Nuovo, i cui gestori sarebbero stati obbligati a rifornirsi di cocaina e marijuana da Distefano, assicurando al clan ingenti e costanti proventi illeciti che confluivano nella “cassa comune” dell’organizzazione, che sarebbe gestita dallo stesso Distefano insieme al presunto sodale Natale Gurreri.
A tal proposito, oltre alla ricostruzione delle dinamiche criminali mafiose, le indagini hanno delineato anche le condotte associative finalizzate all’approvvigionamento di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, proveniente da Napoli, individuando i fornitori partenopei in alcuni pregiudicati del clan camorristico Sautto-Ciccarelli di Caivano (NA).
In particolare, è stato ricostruito, anche con specifici riscontri, il traffico di cocaina sull’asse Campania-Sicilia, nell’ambito del quale sarebbe stato delineato il ruolo degli indagati Lorenzo Cristian Monaco e Luigi Scuderi, affiliati al clan Cappello-Bonaccorsi, che avrebbero agito quali trafficanti di cocaina in joint venture col citato clan camorristico di Caivano.
In tale quadro sono stati effettuati più sequestri di sostanza stupefacente, tra cui quello relativo all’arresto del “corriere” napoletano Salvatore Sanges, trovato in possesso di 3 kg di cocaina destinati al mercato catanese. Le indagini hanno ribadito la conclamata pericolosità dei membri del clan mafioso dei Cursoti Milanesi che si dotavano di armi da sparo al fine di presidiare il loro territorio e di difendere i loro affari criminali da eventuali ingerenze da parte di gruppi mafiosi rivali, assicurandosi in tal modo l’apporto militare necessario a sostenere il confronto con gli altri gruppi malavitosi cittadini.
Al riguardo, durante l’attività sono state sequestrate alcune delle armi in dotazione all’associazione criminale, tra cui un fucile mitragliatore AK 47 (completo di confezione di 50 cartucce calibro 7,62×39), due pistole ed un fucile a canne mozzate.
Infine, l’indagine ha accertato che parte dei proventi erano destinati al mantenimento degli affiliati detenuti e delle loro famiglie di cui i capi del clan si erano fatti carico; a tal proposito, nel corso dell’attività è emersa, altresì, la consuetudine, da parte delle famiglie mafiose più rappresentative del panorama catanese, di allestire bische clandestine con investimenti comuni e destinarne gli illeciti proventi al sostentamento dei detenuti di maggior rango.
I destinatari dell’anzidetta misura cautelare sono stati rintracciati nella mattinata odierna e tradotti in carcere, ad eccezione di coloro che erano già detenuti, per altra causa, nei confronti dei quali il provvedimento è stato notificato presso i relativi istituti di pena.
Tutte le ipotesi accusatorie, allo stato avallate dal gip in sede, dovranno trovare conferma allorché verrà instaurato il contraddittorio tra le parti, come legislativamente previsto.
Per le vaste ed articolate attività dinamiche sul territorio finalizzate al rintraccio e cattura dei destinatari delle misure cautelari emesse, la Squadra Mobile della Questura di Catania è stata coadiuvata dal Servizio Centrale Operativo e ha agito sotto il diretto coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato che ha inviato nel Capoluogo etneo diversi equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine. Non è mancata la partecipazione di unità della locale Questura e delle sue articolazioni nonché di unità specializzate come Polizia Scientifica, Reparto Mobile e anche di un elicottero del Reparto Volo.
Nel complesso – per l’Operazione di Polizia Giudiziaria odierna, convenzionalmente denominata “Zeus” – sono stati impiegati quasi 200 operatori della Polizia di Stato.