Mutilazioni genitali femminili, ancora troppe bambine nel mondo vittime di torture

Oggi si celebra la Giornata Mondiale Contro le Mutilazioni Genitali Femminili, ma cosa sono e perché è importante continuare a parlarne.

Le mutilazioni genitali femminili (Mgf) sono molte e differenti tra loro. Si tratta di pratiche barbare che hanno lo scopo di mutilare le bambine. Questo tipo di intervento, atto alla rimozione dei genitali femminili, ha un significato ben più profondo e grave: la sottomissione delle donne.

L’obiettivo principale sembra essere quello della totale sottomissione delle future donne, di origine molto antica, e non hanno nulla a che vedere con le religioni più diffuse. A rendere il fatto ancora più grave è che a praticare “l’intervento” siano delle donne che all’interno della loro tribù godono di un grande prestigio. Le vittime di questo gesto atroce sono spesso bambine piccolissime, che vengono esposte a rischi elevatissimi, oltre che a una vera e propria tortura.

In molte regioni africane, dove è maggiormente diffusa, i governi sono intervenuti vietandola, anche se questo non corrisponde nei fatti a una diminuzione della pratica. Sulla questione inevitabilmente si è anche pronunciata l’ONU, con una risoluzione redatta nel 2012 e ribadita nel 2014, ponendo come obiettivo la totale messa al bando entro il 2030.

I Paesi dove è maggiormente diffusa sono l’Eritrea, la Somalia, la Sierra Leone, e il Burkina Faso.

Le mgf sono differenti in base alla tipologia di intervento:



  • la rimozione del clitoride (clitoridectomia);
  • la totale o parziale rimozione delle piccole e grandi labbra (escissione);
  • la quasi totale chiusura dell’orifizio vaginale (infibulazione).

Oltre a essere una pratica barbara e violenta, perché obbliga bambine piccole a essere sottoposte a una mutilazione, gli effetti collaterali sono numerosi. Mancanza di strumenti adeguati a qualsiasi tipo di intervento chirurgico, infezioni, cisti, emorragie e dolori lancinanti sono solo alcune delle pene che delle ragazzine neanche adolescenti sono condannate a subire.

La sensibilizzazione dell’opinione pubblica è uno dei primi passi da compiere per raggiungere l’obiettivo dettato dall’Onu. Per fare ciò è necessario parlarne e conoscere l’argomento il più possibile. Una pratica ancora troppo diffusa e poco combattuta, che necessita di un intervento radicale in grado di debellarlo del tutto, come se si trattasse di uno dei peggiori virus.

Un’usanza che ha alla base dei retaggi culturali antichi che vanno abbattuti con prepotenza, da donne e da uomini insieme. In Italia si stima che ci sia una presenza consistente di donne che hanno subito una tale violenza tra i 4 e i 12 anni. Ancora troppe bambine rischiano di essere sottoposte a questa tortura, che vìola dei diritti fondamentali.

L’Occidente deve conoscere e combattere insieme ai governi dei Paesi africani per raggiungere l’obiettivo dettato dall’ONU. Proteggere i bambini è il primo passo per salvaguardare il futuro e questa è una responsabilità che tutti si devono assumere, in ugual misura.

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