Diversamente abili, famiglie e nuove abitudini: molto più di una quarantena…

Diversamente abili, famiglie e nuove abitudini: molto più di una quarantena…

Quasi nessuno ama trascorrere troppo tempo in casa, ma in una condizione di necessità ci sono categorie che soffrono più di altre, che sentono maggiormente la mancanza di una passeggiata all’aria aperta lontano da casa o almeno di una routine più “movimentata”: si tratta dei disabili e delle loro famiglie.

Gestire una persona diversamente abile, sia questa un anziano o un bambino, comporta senza ombra di dubbio numerose difficoltà, alcune delle quali affrontabili solo con la pazienza e l’amore che contraddistinguono coloro che danno il 100% di sé per un proprio caro.

Talvolta c’è un aiuto da parte di scuole, istituti o personale sanitario specializzato, ma in tanti casi, come di fronte all’emergenza sanitaria in corso, sono i genitori, i figli o i parenti a doversi prendere la responsabilità di gestire i momenti di difficoltà legati alla quotidianità, spesso nel silenzio generale. Inoltre, chi, oltre a un familiare appartenente a una categoria più “fragile”, deve gestire anche un impiego, la sfida può rivelarsi ancora più dura, specialmente in un momento in cui lavorare è già difficile per fattori di diversa natura.

La stanchezza fisica e mentale, l’affaticamento e la paura di non farcela da soli sono i sentimenti prevalenti, che si sommano al senso di sconforto generale per una vita quotidiana trasformata all’improvviso dal Coronavirus. “Devo resistere”, dice la voce mentale di molti di quelli che, con coraggio, non trascurano i propri parenti diversamente abili nonostante i momenti di debolezza, i pensieri tristi e le ansie legate alla vulnerabilità dei propri cari.

Ad avere la peggio, però, sono proprio quegli individui che sono oggetto di tante attenzioni: i disabili. Per tanti di loro vivere lo stato di quarantena vuol dire rinunciare anche ai quei piccoli momenti della loro quotidianità che garantiscono stabilità e ordine nei loro schemi mentali e che “spezzano” quell’isolamento forzato che talvolta può accompagnare la malattia fisica e/o mentale.

Alcuni di loro si rendono conto di quanto sta accadendo e riescono ad accettare ciò che un’emergenza comporta o almeno ci provano, anche se ciò vuol dire fare temporaneamente delle rinunce. Altri di quanto sta accadendo nel mondo non sanno nulla: vivono in un mondo rigorosamente individuale, dove non c’è Covid-19, non ci sono bollettini delle 18 o fake news circolanti sul web e l’unico modo di scandire il tempo sono le abitudini.

Per tutti loro, che pure rimangono innocenti e inconsapevoli, in realtà l’isolamento sociale è molto più di una semplice permanenza in casa. Vuol dire abbandonare gesti e persone della “vita normale” e trovarsi costretti a creare un nuovo set di abitudini per garantire il proprio equilibrio. Specialmente per i soggetti con gravi disabilità mentali questo può voler dire anche assumere dei comportamenti che non garantiscono il loro benessere fisico o psicologico (mangiare troppo o rifiutarsi di farlo, eludere un sistema di regole costruite nel tempo per trovare una “valvola di sfogo” o, nei casi peggiori, adottare comportamenti auto-aggressivi, irrequieti o violenti), mettendo in seria difficoltà i tutori, che si trovano a dover fronteggiare ulteriori sfide in quel microcosmo chiuso che è l’abitazione familiare, privi di quelle poche ore “libere” e di quel “supporto tecnico” precedentemente garantite, anche se non in tutti i casi, dal lavoro o dal supporto di istituti per diversamente abili.

Anche quei diversamente abili che sembrano indifferenti all’isolamento o alle nuove realtà sociali sono invero colpiti duramente dalla situazione attuale e, se non adeguatamente supportati, rischiano di dover aggiungere ulteriori problemi alla loro lista, che spesso non sono facilmente risolvibili o temporanei. Stesso supporto, però, va garantito anche a chi deve dare forza e aiuto ai diversamente abili, cercando di garantire loro una vita quanto più possibile serena e priva di disagi nonostante il Coronavirus. Un obiettivo ambizioso e difficile da raggiungere, ma che potrebbe diventare realtà con la collaborazione tra famiglie e istituzioni e con supporti, online e offline, mirati e ben organizzati.

Fonte immagine: Shutterstock