Fallisce la “Set Impianti”. Bancarotta fraudolenta, arrestati 3 imprenditori

CATANIA – Un ulteriore attacco all’economia sana è stato smascherato. Sono scattati questa mattina, infatti, gli arresti domiciliari nei confronti di tre soci della “Set impanti s.r.l” di Augusta per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale connesso al fallimento.

Parliamo di un padre, Antonio Ranieri, amministratore della società che al momento sta rientrando dall’estero, e dei suoi due figli Francesco e Raffaele, in debito con il fisco di 20 milioni di euro.

A scoperchiare il vaso di pandora è stato il tentativo fallito di svuotare completamente l’azienda e di trasferire quasi un milione di euro da questa ad una sede fittizia: una casa abbandonata nel centro storico di Catania.

Parliamo di un’azienda fallita già nel 2011, che ha continuato ad agire indisturbata fino ai giorni nostri effettuando anche versamenti pari a centinaia di migliaia di euro.

Si tratta di somme pari a 2,5 milioni di euro, di due rami d’azienda aventi ad oggetto, rispettivamente, la costruzione di imbarcazioni e la costruzione e manutenzione di impianti industriali nel settore petrolchimico, per un valore complessivo di 12 milioni di euro e di un capannone industriale del valore di 700 mila euro.

Numerose ed articolate sono state le operazioni che, in base agli accertamenti svolti, hanno condotto al fallimento la società che è stata progressivamente svuotata di tutte le attività economiche e finanziarie, trasferite verso altre società riconducibili agli indagati

Fra le operazioni fraudolente compiute c’è lo spostamento del ramo aziendale più significativo e redditizio della fallita, relativo alla costruzione e manutenzione di impianti petrolchimici, avvenuta attraverso la graduale cessione dei contratti di appalto, delle maestranze e delle attrezzature ad altra società del Gruppo “Ranieri”.

In questo modo gli indagati hanno, di fatto, continuato a svolgere l’attività dell’impresa fallita con una nuova società priva di debiti.

A svuotare le casse della fallita contribuivano anche il pagamento di “stipendi” e “rimborsi spese” effettuati nel 2013 e 2014 a favore dei due soci e dipendenti Francesco e Raffaele Ranieri per complessivi 1,2 milioni di euro.

I pagamenti agli stessi sono, infatti, risultati di gran lunga superiori rispetto a quelli degli altri dipendenti con eguali qualifiche. Il quadro complessivo emerso dall’esame della documentazione sequestrata, dalle ispezioni informatiche, dagli accertamenti bancari e dalle indagini tecniche ha evidenziato che la società, per effetto delle ingenti perdite accumulate, non avrebbe dovuto più operare già a partire dal 2011.

All’amministratore della società è anche contestata l’omessa tenuta delle scritture contabili nel 2014 e l’irregolare tenuta delle stesse nel triennio precedente. I beni e i rami aziendali sequestrati continuano a essere operativi e, da oggi, saranno gestiti da tre amministratori giudiziari già nominati dal Tribunale di Catania e ciò significa che per i 300 dipendenti delle società non si corre alcun rischio.