SIRACUSA – È un “vulnus inaccettabile” la morte di Emanuele Scieri, il paracadutista siracusano trovato senza vita nell’agosto del 1999 all’interno della caserma della Folgore ‘Gamerra’ di Pisa.
Il ministro della difesa, Roberta Pinotti, lo ha spiegato nel corso del suo intervento alla commissione parlamentare d’inchiesta, dopo la presentazione della presidente Sofia Amoddio.
“Il caso di Scieri è una ferita ancora aperta – ha detto ancora la Pinotti – troverete piena collaborazione del ministero della difesa e per questo non ci saranno porte chiuse o socchiuse. Tutti gli atti ed i documenti verranno messi a disposizione”.
La Pinotti ha anche ricordato e reso omaggio ai familiari di Scieri, ai suoi amici, alla città di Siracusa per la “ricerca tenace della verità”. Il ministro ha poi biasimato il comportamento, all’epoca dei fatti, di alcuni ufficiali e comandanti. “Il cosiddetto zibaldone è un esempio. Ma anche il tempo incredibilmente lungo passato da Emanuele, in un angolo della caserma dopo la caduta. Vanno cercati precisi addebiti”.
Nel corso dell’inchiesta condotta dalla Procura di Pisa è stato ipotizzato che Scieri fosse stato “costretto a salire la scaletta, senza nessuna protezione, e con un oggetto contundente colpito ai piedi e alle mani, affinché cadesse dalla scala” alta circa dieci metri.
Per questo si spiegherebbero le escoriazioni “nel dorso del piede”, e la morte avvenuta in seguito alle lesioni interne riportate. Già tanti anni fa “era evidente come quel fatto drammatico non potesse essere derubricato né a tragico evento né a mero atto di bullismo. Non poteva esserlo perché l’inaccettabile e colpevole ritardo nel ritrovamento del corpo di Emanuele Scieri chiamava in causa responabilità diverse da quelle attribuibili a coloro che, presumibilmente, potevano essere stati i diretti responsabili”.
E proprio quello “Zibaldone” del generale Celentano, all’epoca comandante della Folgore, sorta di prontuario del nonnismo, era “un insieme inquietante di scritti di circa 120 pagine, in cui si mescolavano citazioni auliche con prescrizioni su una opinabile ‘disciplina perfetta’; materiale certamente non rispondente, anche all’epoca, all’etica militare. Un compendio che letto con gli occhi di oggi suscita perplessità e sconcerto”.
“È stata “voltata pagina – ha spiegato Pinotti – sotto molti aspetti ma rifiuto di considerare fisiologiche quelle storture, quella cultura e quella carenza di professionalità che, in passato, non impedirono al bullismo di prendere forza nelle caserme e tramutarsi talvolta in crimine. Da noi non troverete porte chiuse, e nemmeno socchiuse”.
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