L’avviamento allo sport è il punto nodale della carriera dell’atleta. Abbiamo però visto, nella prima parte che, diversamente a come si crede, il talento sportivo è quasi impossibile scoprirlo in tenera età, tranne nelle attività di ordine mentale (musica, attività matematiche, etc.) e non vi sono differenze fra maschi e femmine. Quando si deve fare riferimento ad attività in cui vengono coinvolte le funzioni organiche, il problema diventa più complicato e richiede il rispetto delle fasi di crescita e maturazione. Ciò richiede una profonda conoscenza delle fasi di sviluppo e delle differenze tra un bambino e l’altro e fra i due sessi.
Oggi vi è la tendenza a non rispettare queste diversità, con una miriade di infortuni, di abbandoni precoci, di giovani frustrati che non sanno più cosa fare e prendono vie che peggiorano la situazione dei nostri giovani. Eppure non si riflette a queste cose, anzi di giorno in giorno, come sentiamo dalla cronaca, vi è un continuo e inarrestabile crollo dei valori sociali e morali della nostra gioventù. In questo declino, molto si deve alle devianze dello sport. Ma noi non pensiamo a tutto ciò, anzi non ce ne accorgiamo nemmeno, perché fagocitati ai quei risultati di vertice che i pochi più fortunati, riescono ad ottenere; e via a battere le mani, ad applaudire, a quasi idolatrare il talento sportivo che così gode di guadagni immani. È la strada dello sport moderno che io conierei con un altro nome, per questi bravissimi mestieranti sportivi. Ma ad uno che emerge in tal maniera, non si pensa alla grandissima schiera di tutti coloro che sono rimasti per strada, senza una meta.
La meta principale è solo il guadagno che ottunde anche la cultura e la mente di insegnanti, tecnici, dirigenti e… politici. La mia voce (come quelle di tantissimi altri) è la tipica voce che grida nel deserto. Il bambino non è un mini adulto, ma un essere diverso, come diverse sono le sue esigenze.
Tutto dipende da:
- CONI
- Scuola
- Società sportive
- Ambiente e società (TV, stampa)
- Genitori.
Il CONI, politicizzato, ha abbandonato, nella pratica, la strada della formazione. Ora tutti, come fanno gli animali, segnano con i loro escrementi il proprio territorio di competenza che si tende ad ampliare. Si, è vero che nella nuova strutturazione, vi è un reparto che dovrebbe tutelare lo sport per tutti ma, fino ad oggi si trova nelle pastoie burocratiche. La Scuola, dal punto di vista sportivo, ha perso il ruolo di fucina dello sport. Se diamo uno sguardo indietro negli anni, ci rendiamo conto che oggi essa non riesce a dare ai ragazzi ciò di cui loro hanno bisogno. Ma la Scuola è rappresentata dagli insegnanti di educazione fisica che, rispetto al passato, non hanno alcun interesse a fare un’attività di base, formativa e a misura di bambino, perché allettati dagli introiti extra dalle varie società sportive e pertanto avviano i giovani nelle attività che portano loro, guadagno. Ma le società sportive non sono Enti Morali, ma organizzazioni a scopo di lucro e pertanto non hanno nessun interesse ad attuare un lavoro che possa essere utile allo sviluppo dei bambini. Ci sono poi delle persone che hanno la funzione di procacciare talenti alle società di alto livello, operando una vera e propria selezione basata su ciò che esprime il giovane in quel momento, quindi non un vero talento, mentre altri giovani finiscono nel tritacarne.
Un ruolo determinante, nella scelta dello sport, lo svolgono l’ambiente e la società in cui si vive. È un aspetto che può essere positivo, ma anche fortemente negativo. L’ambiente in cui si vive, è spesso determinante nella scelta; la tradizione di un ambiente, spesso decide a priori la scelta della disciplina perché fin da bambini si segue ciò che da sempre fanno gli adulti. Ecco perché in certe zone del Paese, vi è un proliferare di ragazzini che si indirizzano in una particolare disciplina. L’influenza molto forte, viene dalla stampa e dalla TV.
Il martellamento continuo a favore di una determinata disciplina, l’esaltazione pressante di un atleta, come è successo negli ultimissimi tempi col tennis, sotto la spinta di Sinner, pesano molto nella scelta della disciplina. Più se ne parla e più alto è il numero dei ragazzini che propendono per quella disciplina. E infine il genitore. Questi è, alla fine, il punto chiave della scelta. Generalmente non è il bambino che sceglie, ma il genitore. Egli agisce fortemente sul bambino, sperando che possa ottenere i risultati che lui non aveva ottenuto in gioventù, oppure che egli ripeta i suoi successi, ma il più delle volte è la speranza che il proprio figlio, possa entrare nel giro dei grandissimi guadagni. A volte ciò si verifica, ma il più delle volte si creano insuccessi che provocano, nel bambino che cresce, un rigetto verso quella disciplina e anche l’abbandono, non solo di quell’attività, ma di ogni tipo di sport. Ecco quindi il proliferare di associazioni e società sportive che possono dare al bambino ciò che la Scuola non riesce a dare.
Ma nelle società sportive non è detto che il lavoro venga svolto da persone preparate all’uopo:
- l’attività viene indirizzata solo alla specialità
- non viene rispettato il processo di formazione
- spesso richiede una spesa non indifferente per i genitori
- i bambini sono costretti ad un carico di lavoro molto impegnativo.
L’età che va da zero a dieci anni, è quella di maggiore apprendimento e che dà l’impronta definitiva del futuro uomo e del futuro atleta. È in questa fase che vi sarebbe bisogno dell’opera di un insegnante specializzato e preparato. Qui entrano in gioco i processi di crescita e di maturazione del bambino. La crescita è l’accrescimento del corpo, la maturazione segue ritmi genetici, ma stimolati dall’ambiente. L’apprendimento è tanto più ampio, quanto maggiore e varia è la gamma degli stimoli che vengono somministrati al bambino. Ecco perché dicevo che la prima fase dell’avviamento potrebbe anche essere una multidisciplinarità iniziale, ma è certamente rischioso puntare direttamente ad una disciplina, specializzando precocemente il bambino.
Lo sviluppo del corpo non è un fattore determinante, poiché la maturazione potrebbe anche essere tardiva. Se si riflette, ci si rende conto che tutte le discipline si fondano su strutture uniche (quelle che io chiamo ceppi motori) che stanno alla base delle tecniche sportive e della vita di relazione; pertanto nella fase delicata che va fino a 10/12 anni, il lavoro dovrebbe essere indirizzato all’apprendimento di questi processi che poi verranno affinati secondo la disciplina scelta.
La varietà e numero degli stimoli, sono un presupposto fondamentale perché si verifichi l’apprendimento; risulta ovvio pensare allora, che sia importantissimo “allenare” il bambino attraverso una progressiva somministrazione di stimoli, seguendo il suo stato di apprendimento: nient’altro che un vero e proprio programma di allenamento, che segue di pari passo la sua capacità di movimento e di apprendimento. I primi cinque anni ed i successivi cinque, rappresentano un periodo d’oro per l’apprendimento motorio del bambino; ma questo periodo, per i primi due anni, è affidato ai genitori; successivamente sia ai genitori che a coloro che operano presso gli asili nido e, in fase scolare, presso la Scuola primaria.
Articolo redatto in collaborazione con Alfio Cazzetta