Prevenzione del suicidio, cosa scatta nella mente di chi decide di farla finita? Le risposte della psicologa

Prevenzione del suicidio, cosa scatta nella mente di chi decide di farla finita? Le risposte della psicologa

SICILIA – Si può fermare in tempo un suicidio? In che modo? Cosa scatta esattamene nella mente di chi medita di farla finita? Queste sono solo alcune delle domande che ci si pone più spesso per frenare il “fenomeno”, ormai anche troppo diffuso, e i cui dati non sono certo rassicuranti.

In occasione della giornata dedicata proprio alla prevenzione del suicidio, che ricorre il 10 settembre, ai microfoni di NewSicilia è intervenuta la psicologa Ines Catania per una disamina completa sul tema attuale e “scottante”.

“Non cercare di farcela da soli”

Quando mi interfaccio con la tematica o comunque quando apprendo di questi tragici epiloghi, penso al male di vivere, al dolore esistenziale della persona che compie l’atto e nella mia mente tornano i versi di Montale:

‘Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato’.

Il poeta ha evidenziato proprio la crudità del dolore e lo ha trasformato in strofe, in risorsa, ma purtroppo non sempre è così“.

Inizia così la nostra intervista all’esperta che, poi, prosegue e scende nel dettaglio: “I pensieri di morte sono molto più diffusi di quanto si creda: circa un terzo della popolazione generale li sperimenta in un dato momento della vita. Tuttavia, non devono essere sottovalutati: è chiaro che, quando porre fine alla propria esistenza è sentito come l’unica soluzione possibile per affrontare una sofferenza vitale che affligge da qualche tempo e che è divenuta ormai insopportabile, il passo più importante da fare è parlarne con qualcuno e non cercare di farcela da soli“.

Numeri verdi utili

A tal proposito, vi ricordiamo che sono attivi alcuni numeri verdi a cui chiunque può rivolgersi per ricevere supporto e aiuto psicologico:

  • Telefono Amico 199.284.284;
  • Telefono Azzurro 1.96.96;
  • Progetto InOltre 800.334.343;
  • De Leo Fund 800.168.678.

Come prevenire il suicidio?

Si può agire in tanti modi per prevenire il suicidio: in primis si deve entrare nell’ottica che non c’è nulla di male a chiedere aiuto, anzi è la strada più giusta da percorrere perché da soli, a volte, i problemi diventano macigni apparentemente insormontabili.

Se ci si sente incompresi mentre si “lotta” con le proprie forze contro il mondo, prima di mollare definitivamente e irreversibilmente la presa, occorre tenere a mente che tutto si può combattere se si hanno le giuste armi e valide persone al proprio fianco, non si può – invece – tornare indietro una volta che si è compiuto il gesto estremo.

Due linee di intervento

La psicologa ci ha indicato alcuni validi consigli in ottica di prevenzione e sensibilizzazione: “Un primo intervento al fine di contenere l’atto suicidario può essere effettuato a livello di prevenzione primaria, mirata a impedire l’instaurarsi dei fattori di rischio:

  • maggiori informazioni alla popolazione sulle patologie mentali e sulle terapie;
  • riduzione del pregiudizio nei confronti della patologia mentale;
  • riduzione del pregiudizio esistente nei confronti delle figure operanti nell’ambito della salute mentale (psichiatri, psicologi, psicoterapeuti), con conseguente promozione del contatto con questi professionisti in caso di bisogno;
  • sensibilizzazione dei medici di base nei confronti della problematica del suicidio, poiché spesso i pazienti si rivolgono proprio a loro per ricevere un aiuto;
  • elaborazione di un codice di condotta per la diffusione di informazioni concernenti comportamenti suicidari da parte dei mass-media al fine di evitare l’induzione di comportamenti di questo tipo“.

La seconda modalità di intervento è indirizzata a coloro che si trovano in una situazione di rischio e che quindi si sono già rivolti a un professionista o a uno dei tanti centri di crisi sparsi nel mondo. In questo caso è importante effettuare una diagnosi in base alla quale viene stabilita un’adeguata psicoterapia ed eventualmente farmacoterapia. Si è visto come alcune patologie costituiscano dei fattori di rischio gravi per il suicidio: la depressione, il disturbo bipolare, la schizofrenia“, aggiunge.

Giornata prevenzione suicidio

 

Soluzione permanente a un problema temporaneo

La chiave di tutto è che chi pensa al suicidio non vuole realmente morire: desidera porre fine a un dolore insopportabile. Il suicidio, però, è una soluzione permanente a un problema temporaneo“, precisa la psicologa.

Quando si è disperati, non si riescono a vedere le cose in modo obiettivo, si assume una prospettiva angusta che è quella del momento, ma che tra un mese potrebbe cambiare. Ciò che si vuol fare cessare è il dolore non la propria esistenza. Urlare quel problema a qualcuno significa cominciare a liberarsene“, prosegue e puntualizza.

I segnali d’allarme

Le persone che circondano una persona depressa o che ha propositi suicidi possono svolgere un ruolo fondamentale nel salvare la vita al loro caro ancor prima di qualsiasi figura qualificata, quale un medico o uno psicoterapeuta.

In primo luogo devono essere recettivi di fronte a determinati segnali d’allarme: frasi come ‘Non posso andare avanti così’, ‘Non mi importa più di niente’ o anche ‘Sto pensando di farla finita’ devono essere sempre prese sul serio“, ricorda Ines Catania.

Accanto a questi segnali più manifesti, ve ne sono di più sottili, e per questo più difficili da cogliere: “Il diventare estremamente depressi e il rinchiudersi, piangere spesso, auto-mutilazioni, solitudine, perdita di supporto dalla famiglia e dagli amici, sentimenti di emarginazione, profonda tristezza e senso di colpa, ansia e stress, senso di impotenza, perdita di autostima, cambiamenti comportamentali improvvisi, perdita di energia, dormire troppo o troppo poco, perdita dell’appetito, improvvise perdite o aumenti di peso, aumento malattie minori“.

Tentativo di suicidio e parasuicidio

Ma veniamo al nocciolo duro della questione. La mente umana, si sa, è molto labile. Ma cosa pensa esattamente chi decide di farla finita?

Al nostro interrogativo la psicologa ha risposto così: “Chiaramente andrebbe fatta la distinzione tra il tentativo di suicidio vero e proprio, che è mosso dalle stessa intenzione del suicidio e si distingue da esse per un accidentale fallimento, dal parasuicidio, volto a trarre un vantaggio secondario da un gesto di aggressività diretta verso se stessi, ma non mossa dall’intenzione di darsi la morte“.

Quindi, “è chiaro che anche nel secondo caso siamo in presenza comunque di una situazione di forte disagio in cui per richiamare l’attenzione si ricorre a gesti eclatanti. Il significato è però diverso. Comunque si tratta ovviamente di persone che vengono prese in cura da professionisti e che quindi necessitano di un supporto costante a livello psicoterapeutico e spesso farmacologico“.

Prevenzione suicidio

Numeri agghiaccianti

I dati che ci consegna la cronaca sono agghiaccianti: il numero di soggetti che si tolgono la vita continua a crescere e non arresta la sua corsa.

La psicologa Ines Catania, infatti, ha chiarito che “attualmente è difficile poter fornire una stima della fascia di persone, età e luogo in cui si sono verificati maggiori suicidi“.

Come ha inciso la pandemia

Questo anche a causa dell’emergenza sanitaria in atto nel nostro paese che ha stravolto gli equilibri da quasi 2 anni: “Oltre ai malesseri e agli elementi fondamentali sopra elencati, si aggiunge la variante Covid che in qualche modo ha generato una forte incertezza per il futuro di ciascuno di noi, incidendo profondamente nella sfera emotiva dei soggetti più vulnerabili che non hanno tollerato sufficientemente il non sapere cosa succederà ‘domani’“.

A sostegno di ciò, dal 2020 a oggi si è registrato un incremento di casi di suicidi sparsi a macchia d’olio in tutta Italia, proprio per il peso e la difficoltà generata dall’incertezza correlata alla pandemia che ancora non è affatto sparita! La forte vulnerabilità e l’eccessivo ipercontrollo sono fattori tutt’altro che trascurabili“, puntualizza.

“Il silenzio non aiuta MAI”

Infine, proprio per rimarcare il concetto affinché sia da ausilio per chiunque, è bene ricordare un unico e solo assunto: “Il silenzio non aiuta mai: sfogatevi e parlatene sempre“, conclude la psicologa Ines Catania.

Una mano tesa in segno di supporto può realmente essere l’àncora di salvezza. Basta solo afferrarla.

Immagine di repertorio