“Un grammo di felicità al giorno” di Siri Østli

“Un grammo di felicità al giorno” di Siri Østli

Nata due volte. Succede a Fie, donna e moglie di Carl Christian, un affermato dentista non molto loquace, tuttavia può ben dirsi un buon compagno di vita. La coppia ha un figlio di ventun anni, Jens Christian, ormai un giovane uomo che ha scelto di spiccare il volo verso l’orizzonte troppo eterno per non considerarlo anche un po’ suo.

La città di Oslo ospita la prima e la seconda parte della vita apparentemente felice di Fie, distratta prima, distrutta poi da un quotidiano scandito dal giorno dopo gemello di ieri.

La penna della narrativa edita da Garzanti appartiene alla scrittrice norvegese Siri Østli, laureata in letteratura francese, russa e in psicologia. Giornalista stimata nel suo Paese, Siri Østli si presenta ai lettori italiani con il romanzo “Un grammo di felicità al giorno“, molto vicino a un vademecum corredato da suggerimenti sulla corsa alternata al cammino (quasi mai pacato) della vita.

un grammo di felicità al giorno

Succede che un giorno e non un altro, la cornice dorata si stanca di brillare una luce che non c’è. Succede che seduto a tavola per consumare il pranzo, un marito ritrova la voce (fino a quel momento articolata a dispense), per confessare una relazione clandestina con un’altra donna, e che intende estirpare le radici di un rapporto ventennale. Fie reagisce con un confuso mutismo spettrale, simile a quello che impone un cartello in mostra ai visitatori di un museo.

L’áncora confezionata per togliere forza al crollo emotivo di una donna dimentica della misura del tempo adesso ha un nome: Sara. La sorella di Fie accorre replicando il battito di una madre in pena per un figlio disperso in guerra.

È Natale. Nei paesi del nord Europa l’atmosfera vestita di bianco invita lo spirito a unirsi in comunione con i sensi colmi di gioia.

In Svezia, in Norvegia, in Finlandia, le tradizioni natalizie hanno inizio il 13 dicembre, il giorno di Santa Lucia dà l’avvio alle usanze nei paesi dove l’aurora boreale è di casa. La magia incanta i cuori sopravvissuti a ferite più o meno blande, ma responsabili di cicatrici impresse nella memoria. Non meno adepti alla tradizione sono i libri quali strumenti di comunicazione sussurrata al centro dell’atmosfera in cui neve, luci, addobbi acquistati nei tipici mercatini natalizi garantiscono lunghe notti consacrate alla lettura.

Tracce di favola si intravedono sparse qua e là nel romanzo per enfatizzare le magiche notti che una scrittrice nata e cresciuta ai confini col cielo vuole rendere eterne.



“Un grammo di felicità al giorno” è medicina superiore al farmaco tradizionale dal quale la mente di Fie sta avanzando verso una vera e propria dipendenza patologica. Gocce per dormire, molecole derivate da formule chimiche per curare i neuroni aggrediti con violenza a firma di un uomo.

Entra in scena un alquanto strano calendario dell’Avvento che, anziché offrire cioccolatini in miniatura tutti rigorosamente numerati, si presenta come una farmacia letteraria dalla quale attingere ogni giorno fragili grammi di bene perduto. Dolce come e più del cioccolato, ogni piccola dose di felicità ritrovata cancella il disagio emotivo invaghito di Fia. Senza alcuna pietà lo specchio le rimanda il riflesso peggiore della donna un tempo appagata, adesso complemento di pigiama e piumone diventati il must have delle sue giornate.

«Ti serve un piano», disse decisa Sara. «Qualcosa che ti faccia andare avanti. Che ti faccia alzare dal letto al mattino. E anche uno scopo. E qualcuno che ti dica cosa devi fare, almeno per un po’.» Fie rifletté. Non sapeva se fosse d’accordo con la sorella; probabilmente no, ma d’altra parte non faceva differenza. Sospirò. «Okay», rispose. «Ottimo. Tieniti pronta, domani.» «Perché domani?» «Avrai un calendario. Riceverai un dono al giorno.» «Oh, grazie», mormorò Fie, un po’ confusa. «Che tipo di doni?» «Be’, saranno più dei compiti, che dei doni».

“Un grammo di felicità al giorno” è lo schema di un compito inoltrato attraverso un messaggio quotidiano che arriva a Fia con l’irruenza di un vento contrario, e per questo accolto con la meraviglia ravvisata al cospetto della magia.

Le paure perdono vigore se lo sguardo decide di fissarle a lungo con la totale condivisione del messaggio salvagente. Le prime luci dell’alba sono in trepidante attesa dei compiti affinché le prossime 24h siano mentori di un nuovo giorno felice. Di volta in volta l’incubo del suo uomo dissolto tra le braccia di un’altra donna, dà l’input necessario alla schiusa del letargo per consapevole sfinimento.

Sono messaggi che ben conoscono la password grigia dell’umore, la ricetta di un dolce incaricato di stordire il profumo di un doloroso ricordo, tante piccole sfide mirate al ritorno della luce in esilio.

Via la maschera di donna appartata nel guscio di un caldo piumone, via quel vuoto dello sguardo appannato, solo finestre aperte sui grammi di felicità di questo giorno e dell’altro ancora. Al compimento della scrematura del sè ha contribuito l’insolito dono sotto l’albero dalle folte fronde protese nella primavera analfabeta del grigio.

 

sara