A pochi giorni dall’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura allo scrittore László Krasznahorkai, sfogliando il calendario in senso antiorario ci concediamo una breve sosta nel 2013, l’anno in cui la scrittrice canadese Alice Munro vinse il prestigioso riconoscimento per essere stata “maestra del racconto contemporaneo” (“master of the contemporary short story”). L’Accademia svedese le ha riconosciuto il talento di riuscire a concentrare in un racconto breve le specificità presenti tra le centinaia di pagine di un corposo romanzo.
Nella stesura di “Troppe felicità” (2013), in dieci racconti Alice Munro scrive e descrive le dinamiche occorse all’essere umano durante il suo impegnativo soggiorno sulla Terra.
Il passato non è mai stato oggetto di lancio al volo verso un cestino dove ogni ieri scompare. Anzi. Le ombre cugine di esperienze fantasma capaci di offrire solo mezze felicità sono nidi di segreti che per sempre rimarranno tali, restii ad accettare ogni metodo di rientro a casa di molliche di gioia.
Troppa felicità, quale felicità in un mondo che appare come non lo vorresti mai, e scompare un minuto dopo aver bussato alla porta della tua vita munito di sorriso?
I personaggi dei racconti si muovono nel rimuginio delle gioie perse di vista a causa di prove esistenziali affette da illusioni.
A partire dalla tenera età appare inevitabile l’incontro con le prime maschere di gioie. Ogni rapporto scivola via dalle mani innocenti, si perde nei meandri dell’affettività colpita dalle tenebre in forte anticipo con i tempi.
“Sembrava quasi che l’economia emotiva del mondo dovesse contemplare una forma di parsimonia sentimentale fortuita e naturalmente scorretta, se l’immensa felicità – per quanto passeggera, per quanto effimera – di una persona poteva nascere dall’immensa infelicità di un’altra”.
Le figure femminili riporteranno la loro storia dietro le sbarre di un racconto stretto come una una gabbia dorata in cui ogni donna sceglierà di restare.
Troppa felicità nuoce gravemente alla salute. Di questo mantra estraneo al contesto si snoda il “modus operandi” dei racconti di Alice Munro. La lettura di un romanzo matrioska di contenuti-figli adottivi della stessa madre-radice, interroga le ragioni di questo viaggio nella bellezza truffata. Il primo giudizio sul compendio narrativo definisce le singolarità di ogni racconto assolutamente comuni al quotidiano sentire. Nessuna atipicità distinta dalla regolare connessione umana, quindi, solo la meraviglia più o meno credibile di essere parte di una rincorsa verso il punto di ristoro della felicità.
Unico elemento distintivo del modello proposto si trova nella flessibilità dei rapporti tra età differenti.
“Da bambini, ogni anno si diventa una persona diversa. Di solito succede in autunno, quando con il ritorno a scuola, si entra nella classe successiva lasciandosi alle spalle il caos letargico delle vacanze estive. È allora che si registra il cambiamento piú netto. Dopo non si è piú sicuri del mese o dell’anno, ma si continua a cambiare, comunque. Per un bel po’ di tempo, il passato ti scivola via facilmente e, si direbbe, in modo automatico, consono. I suoi scenari più che svanire perdono rilevanza. Poi si verifica una regressione, ciò che era morto e sepolto prende a rigermogliare, si impone alla nostra attenzione, ci chiede perfino di agire al riguardo, sebbene sia chiaro che non si può fare un bel niente”.
Dall’infanzia al tramonto del passo incerto Alice Munro procede con l’affanno di finire le singole quote del romanzo, non per questo il cambiamento diventa soggetto diluito nel racconto.
La pagina ha già indugiato a lungo su una particella narrativa che avrebbe richiesto solo poche righe. Il lettore merita rispetto, chi scrive ha la responsabilità di guidarne l’attenzione con misura, evitando divagazioni che non aggiungono valore. I racconti sono fatti accaduti. Tutto ciò che riguarda la cornice superflua delle storie non aggiungerebbe di certo profondità intellettuale al contesto in prima fila.
L’essenziale è già nel titolo, dalla sua nobile postazione veglia sulla troppa felicità protesa alla rivelazione di segreti insabbiati nei rapporti.
