“La nuova manomissione delle parole” di Gianrico Carofiglio

“La nuova manomissione delle parole” di Gianrico Carofiglio

Per una volta Gianrico Carofiglio allontana il cursore sul desktop destinazione romanzo per farlo atterrare sulla piattaforma principale di tutti i libri: la Parola, causa, funzione e tramite di un allestimento comunicativo. Centoventicinque pagine provano, con sterili traguardi, a dissertare sulla protagonista in azione sul pentagramma senza righe e senza spazi. La chiave musicale delle lettere, la Parola.

A chiamarlo saggio rischieremmo di esagerare la vocazione del testo, lontano com’è dalla matrice linguistica a cui il siffatto genere letterario dovrebbe rendere onore. Piuttosto, e l’autore stesso lo conferma, si tratta di una scrittura vicina a un documento politico mirato a disquisire sui bivi opposti delle parole.

In primo piano Carofiglio propone l’analisi parallela alle dita di una mano: vergogna, giustizia, ribellione, bellezza e scelta. Determinato nella convinzione che nel linguaggio scegliere si deve, non è difficile dedurre che l’aridità del bagaglio linguistico conduce a dei limiti che lasciano spoglio l’apparato di ogni espressione.
Scelta è il contrario di rinuncia, di conformismo e di vigliaccheria. Scelta è il contrario di vergogna“.

La natura schematica del libro spinge a valutarlo una vera e propria mappa conoscitiva del seme di un linguaggio colto dal ramo maturo. Una dopo l’altra, le parole vengono intervistate sul loro uso smodato che ne ha cambiato completamente il ruolo assegnato con perizia scrupolosa.

L’uomo e la parola sono conniventi della priorità di partecipare al mondo attraverso la libertà di movimento e di espressione, quindi non uno ma due primi posti convergono verso l’universalità della parola.

La nuova manomissione delle parole” vuole allarmare chi manomette il linguaggio, offrendolo in pasto all’annullamento di tutte le sfaccettature della sua bellezza. Strada senza uscita della libertà oltraggiata dalle possibilità gettate al rogo.

Carofiglio punta il dito sulla malsana indifferenza volta a fuorviare la trasparenza della parola, in politica o in altro territorio incapace di far emergere l’azione feconda della parola.

Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare“.

Come un’appendice del rigido schema proposto dallo scrittore, il capitolo “Le parole del diritto” si rivolge alla legge appesantita da espressioni alleate agli addetti ai lavori, lasciando cadere la democrazia della comprensione nello sfregio del significato.

Il numero delle parole conosciute ed usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia e dell’uguaglianza delle possibilità. Poche parole poche idee, poche possibilità e poca democrazia; più sono le parole che si conoscono, più è ricca la discussione politica e, con essa, la vita democratica”.

Non basta. A dare forza alla sua tesi, Carofiglio allega l’esempio della terminologia impressa nero su bianco negli articoli della Costituzione Italiana. Il potere delle parole mostra la sua competenza nella pratica comunicativa esercitata in funzione del contatto con la parte leale delle nostre anime, più facile da trasmettere al destinatario in ascolto. Non appena si osa modificare la cellula divulgativa della “parola”, l’interpretazione che ne consegue si invischia nel mare malato di false letture da medicare con dosi massicce di Verità.

Non esiste logistica abituale in cui le parole si inchinano al compimento severo del loro dovere. Il nostro quotidiano è carta intonsa di parole in attesa di essere scritte, lette, sillabate a gran voce allo scopo di riunire il diviso, aggiustare il contorto. In questo Carofiglio ci dà una mano inzuppando contenuti illustri durante l’ostico cammino della lettura. Aristotele, don Milani, Dante Alighieri, Carroll, Primo Levi, Calvino, Camus, Goethe…

Lo scrittore invoca la semplicità ma non la offre, lui per primo manomette il freno, lo sguardo quasi non si accorge di sbandare contro l’autentico distillato delle parole.
Tutti possiamo verificare, ogni giorno, che lo stato di salute delle parole è quanto meno preoccupante, la loro capacità di indicare con precisione cose e idee gravemente menomata. Le parole sono anche atti, dei quali è necessario fronteggiare le conseguenze. Esse sembrano non avere peso e consistenza, sembrano entità volatili, ma sono in realtà meccanismi complessi e potenti, il cui uso genera effetti e implica (dovrebbe implicare) responsabilità“.

A causa dell’uso incontrollato del principio di ogni contatto, la parola, si è perso il brevetto di guida, manca il restauratore preparato a ridare nuova vita alla buona sorte di “Ragionevoli dubbi“. Così Carofiglio, nel 2006, intitolò quello che nel tempo sarà considerato la sala d’aspetto de “La nuova manomissione delle parole“, la risorsa di uno studio approfondito della lingua italiana.