“Dove non mi hai portata” di Maria Grazia Calandrone

C’è bisogno di tempo per restituire a una figlia la genesi della sua comparsa nel mondo. La firma del romanzo “Dove non mi hai portata“, incluso tra i dodici del Premio Strega 2023, impegna una penna detective alla ricerca della propria identità.

La scrittrice Maria Grazia Calandrone decide di tornare sui passi delle prime albe risorte dal mare anche per lei, quando bambina di appena otto mesi, fu abbandonata nel parco di Villa Borghese, a Roma. È il 1965, le città non hanno ancora conquistato i profitti del boom economico del dopoguerra, i piccoli paesi annaspano in quell’incedere tipico del popolo osservante delle consuetudini e tradizioni.

L’ indagine intima e personale sulla ricerca documentata con le dichiarazioni nero su bianco dei probabili testimoni, sfoglia l’album degli ultimi cinquant’anni anni di storia italiana sulla carta ingiallita dei quotidiani del tempo.

Scrivo questo libro perché mia madre diventi reale. Scrivo questo libro per strappare alla terra l’odore di mia madre. Esploro un metodo per chi ha perduto la sua origine, un sistema matematico di sentimento e pensiero, così intero da rianimare un corpo, caldo come la terra d’estate, e altrettanto coerente“.

Un uomo e una donna, Giuseppe e Lucia, si lanciano nelle acque del Tevere non prima di aver messo in salvo la loro unica figlia di otto mesi. Maria Grazia nasce a Milano nell’ottobre del 1964 da una relazione extraconiugale di Lucia con Giuseppe di Pietro, trent’anni più grande di lei ma pura e umana espressione dell’amore lontano dal destino apparecchiato da altri per la giovane Lucia. La via crucis della giovane comincia dai suoi piccoli anni, costretta a lasciare la scuola solo perchéfemmina“, ed investire nel futuro di una gonna risulta un progetto del tutto discordante ai tempi della biografia in oggetto. Il sacramento del matrimonio viene identificato quale unico porto sicuro della donna bisognosa di una figura maschile perché colmi la metà della mela mancante.

Ai piedi dell’altare, Luigi Greco detto Centolire, ripete davanti a Dio e a Lucia le promesse previste nella formula del matrimonio, promesse che mai manterrà. Luigi si rivela essere un marito violento, indifferente alla femminilità della dolce Lucia a tal punto che il loro sarà un matrimonio nullo perché mai consumato.

Quando Lucia rimane incinta di Giuseppe, Luigi ha già denunciato la moglie fedifraga che, secondo la legge del tempo, è punibile per aver commesso due gravi reati: la relazione clandestina in costanza di matrimonio e l’abbandono del tetto coniugale. Bisognerà attendere il 12 e 13 maggio 1974, anno in cui 19 milioni italiani votarono “No” all’abrogazione dell’istituto del divorzio. Fu il primo referendum abrogativo della storia della Repubblica, si presentarono alle urne oltre 33 milioni di elettori, pari all’87,72% degli aventi diritto.

La fuga a Milano di Lucia e Giuseppe è valutata come l’unica soluzione per sfuggire alla sete di vendetta del marito. Molto presto i due amanti si rendono conto che non potranno vivere alla luce del sole un futuro costruito sulla colpa perseguibile dalla legge.

Dopo Milano quante altre città? Sarà comunque una vita insana la loro, due genitori impotenti che non potranno garantire alla piccola la stabilità cui ha pienamente diritto.

Il gesto estremo dei genitori biologici di Maria Grazia viene documentato con lettere, testimonianze, sopralluoghi battuti secondo gli articoli di vecchi giornali. Figlia con il doppio degli anni di Lucia, oggi Maria Grazia può fissare ad occhi chiusi l’abbraccio dove non è mai stata portata.

L’amore di Lucia per me, a me in persona sicuramente e semplicemente destinato, sta nel non avermi portata con sé nella morte, sta nel dove non mi hai portata e nel suo avermi riconsegnata alla vita. Alla vita di tutti. Facendo, della mia vita, fin dalle sue origini, vita che torna a tutti“.

La bambina che non è più prende la decisione di chiudere a chiave la storia lasciata in sospeso sulla riva del fiume. Alla morte è stato chiesto di anticipare la presentazione del conto che da lì a poco avrebbe scardinato le fondamenta di una famiglia macchiata dal peccato.

La scrittura di una mano detective indaga su un rapporto spezzato nell’età in cui si sorride a un filo d’erba ondeggiante sul prato. Un accorato “grazie” che ha dovuto aspettare l’agonia di un’epoca maschilista i cui residui sembrano non smettere mai di manipolare il nostro adesso.

A libro chiuso, il dialogo con i genitori biologici fa da filo conduttore ai genitori adottivi di Maria Grazia, Ione e Giacomo, senza i quali una bambina di otto mesi avrebbe respirato l’umidità di un asettico collegio. Cinquant’anni dopo, la grande arteria d’acqua della capitale riflette l’immagine di una donna coraggiosa mentre percorre il corridoio mentale di una madre per sempre.