SICILIA – Il deputato siciliano di Vera, Giuseppe Lombardo, ha espresso la sua preoccupazione riguardo alla possibile privatizzazione del trasporto pubblico in Sicilia, paragonandola alla gestione sanitaria della regione.
Lombardo ha affermato che di fronte alla crisi dell’Azienda Siciliana Trasporti S.p.A., di cui la Regione siciliana è l’unico socio, ci aspettavamo risposte concrete dal presidente della Regione Schifani, ma invece ha descritto la situazione economica-finanziaria dell’azienda come sostanzialmente fallita e ha accusato il Consiglio di amministrazione di gravi inadempienze.
In seguito a ciò, Lombardo ha richiesto una riunione della IV commissione per discutere i piani del Governo regionale per il futuro dell’Azienda Siciliana Trasporti e la tutela dell’occupazione dei suoi 850 dipendenti.
Ha, inoltre, chiesto la partecipazione dell’assessore Regionale dell’Economia, Marco Falcone, dell’Assessore delle Infrastrutture e Mobilità, Alessandro Aricò, del Dirigente generale del Dipartimento delle infrastrutture, della mobilità e dei trasporti, Salvatore Lizzio, del presidente del Consiglio di Amministrazione di AST S.p.A., Santo Castiglione, e del Direttore Generale di AST S.p.A., Andrea Ugo Fiduccia. Lombardo ha concluso sottolineando l’importanza di risposte serie e immediate per proteggere l’economia e la società dell’isola.
Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, ha chiesto la revoca del Consiglio di amministrazione dell’Ast a causa della “palese violazione dei termini di legge per l’approvazione del bilancio 2021“.
In una nota, sottoscritta anche dal ragioniere generale della Regione Ignazio Tozzo, il presidente ha chiesto la convocazione urgente dell’assemblea dei soci, che dovrà provvedere, inoltre, alla nomina dei nuovi amministratori della società partecipata dalla Regione.
L’appello del governatore nasce dalla relazione circostanziata dell’assessorato dell’Economia, nella quale viene evidenziato il “protrarsi dell’inerzia da parte del Cda“, dato che il bilancio va approvato entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale, con una eventuale proroga che comunque non deve superare la durata di sei mesi.
Foto di repertorio
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