Rimpasti politici e pandemia, l’urlo di Mariano Ferro dei “Forconi”: “Quanta disonestà, zero prospettive”

Rimpasti politici e pandemia, l’urlo di Mariano Ferro dei “Forconi”: “Quanta disonestà, zero prospettive”

SICILIA – Giunge alla nostra redazione una nota di Mariano Ferro, storico leader dei “Forconi”, il movimento popolare che, tra il 2012 e il 2013, partendo dalla Sicilia, sconvolse l’intero stivale e che oggi fa risentire la propria voce. Di seguito il comunicato ricevuto.

Noi il 16 gennaio del 2012 ce lo ricordiamo. La politica attuale nazionale e regionale ci fa venire la nostalgia di quelle giornate. E ci stiamo chiedendo come, quando e cosa fare per riorganizzarci. Quanta disonestà intellettuale! Venditori di fumo a destra esattamente come a sinistra, la serietà in politica non esiste nemmeno nei momenti di emergenza come quello che stiamo attraversando, nemmeno davanti ai morti imbustati nei sacchi di plastica e scaricati nei cimiteri senza la possibilità di un ultimo saluto.

Dovevamo diventare una terra bellissima e invece stiamo pensando ai rimpasti, siamo concentrati sulla campagna elettorale. Eravamo gli ultimi della lista nove anni fa e siamo gli ultimi di tutte le classifiche oggi. Chi pagherà il conto? A chi addosseranno questa volta le colpe sull’arretratezza di questa terra? Il rimpallo di responsabilità è già iniziato da mesi ma potrà bastare lo scarica barile di sempre?

Sono domande che ci facciamo tutti i giorni. Il 16 gennaio per noi Forconi è la data che nove anni fa diede inizio alla sollevazione di quella parte di siciliani che non ne potevano più e che crediamo che oggi sia solo cresciuta. La ricordiamo con due sentimenti diversi.

Da una parte, con grande umiltà, l’orgoglio di avere compiuto un tentativo molto spartano, magari raffazzonato, di aver fatto emergere la stanchezza dei siciliani di sentirsi un popolo abbandonato, di avere evidenziato prima di tanti altri i segnali pericolosi che venivano dall’allora incombente globalizzazione, di avere puntato il dito sul sempre crescente divario tra nord e sud e sul rischio, già allora concreto, di vedere la Sicilia terra senza giovani.

Dall’altra il sentimento crudo dell’amarezza di avere avuto a che fare con l’indifferenza mascherata degli eletti e spesso persino la totale strafottenza ampiamente dimostrata di una classe dirigente autoreferenziale e sconnessa dalla realtà. L’obiettivo era quello di correre ai ripari e sollecitare soluzioni. Sono passati nove anni da quel 2012.

Allora pensavamo di avere toccato il fondo e invece oggi, che siamo in piena pandemia, nell’arretratezza che ci contraddistingue da decenni e l’impreparazione su troppe cose ci ritroviamo sempre più a raschiare quel fondo come una vite senza fine. Ci avevano promesso addirittura strumentalizzando le parole di Paolo Borsellino che sarebbe diventata una terra bellissima e invece tra i morti nei sacchi di plastica e gli intubati nelle terapie intensive il Governo regionale pensa al rimpasto e flirta con chi ci ha sputati, disprezzati e insultati per decenni. Brutto destino, zero prospettive.

E così, a distanza di nove anni, ci ritroviamo anziché parlare di ponte sullo Stretto, di alta velocità, di doppio binario, di anello autostradale, di porti, di hub internazionali, di sanità, di attività produttive, di insularità, di rapporti con l’Europa, di agevolazioni sui carburanti, di agricoltura e turismo ci ritroviamo a parlare di un Paese disastrato e soprattutto di una Sicilia che potrebbe diventare una colonia padana o discarica di scorie nucleari“.

Immagine di repertorio