SICILIA – Fra le tante ricorrenze annuali, svariate di queste sono svolte in primavera, sicuramente la più “internazionale” è senza dubbio il primo maggio, che è conosciuta come la “Festa dei lavoratori“; questa festa nel corso dei decenni del secolo scorso e tutt’oggi, ha rappresentato e rappresenta tuttora, anni e anni di “lotte” sociali fra aziende e lavoratori, piuttosto che superiori e dipendenti, coi quali i secondi si sono dovuti sempre o quasi battagliare per avere più diritti e maggior emancipazione.
Oggi, dopo le lotte sociali accennate precedentemente ci si pone una domanda molto diversa, ma al tempo stesso anche “rischiosa”: quante chances ha oggi una persona di poter lavorare nel territorio in cui si vive? Quante di poterlo fare con dei criteri minimi di sopravvivenza giornaliera?
Su tutto ciò esistono molti studi e molte teorie di vario genere, ma si cercherà di analizzare sinteticamente, sia alcuni dei possibili fattori quali potrebbero essere, sia come “cercare di leggere” alcuni piccoli dati collegabili alla questione in sé e per sé.
“L’exploit” dei lavori da remoto
Che l’essere umano, per mezzo di scienza, ricerca e tecnologia, sia proteso ad automatizzare il lavoro è un dato ovvio e prevedibile; ma tutto questo sicuramente, con l’avvento dello stato emergenziale, si è diffuso ulteriormente in tutti i settori, dove si predilesse ancor più della media il lavoro da remoto e lo scambio e o consumo di beni e servizi, per mezzo di strumenti da remoto, infatti in quelle annate il mercato del lavoro ha sofferto di più rispetto ad un passato recente già tutt’altro che roseo. Altro fattore da non trascurare, anche se con dei risvolti potenzialmente positivi, l’avvento dei redditi di sussistenza (Reddito di Cittadinanza uno su tutti), che da un lato hanno aiutato le famiglie a potersi mantenere più dignitosamente, dall’altro molti percettori hanno deciso di non tornare a lavorare perché preferivano percepire questi sussidi, piuttosto che tornare a fare dei lavori a loro parere insoddisfacenti.
Alcuni dati statistici
Secondo dati di istat.it emerge che la Sicilia è una delle regioni con un tasso di disoccupazione mediamente alto (è stata analizzata la fascia anagrafica 15-74 anni), superiore anche alla media dell’Italia Meridionale Insulare con 18.7 del 2021, un po’ più basso con 16.6 nel 2022, con soltanto il dato campano più alto.
Altra analisi interessante, la fa prontopro.it che parla nel 2021, classificando i dieci lavori presumibilmente più richiesti: resistono alcuni lavori manuali, ma sono presenti molti lavori che sono in grande crescita potenziale futura, o libere professioni classiche.
Tempo fa nel 2022 l’Ufficio studi della Cgia in merito ad alcuni dei dati Istat e proiezioni di Prometeia, parlava di numeri negativi per la Sicilia con un (+12735), che non lascia ben sperare.
É vero che le istituzioni ogni anno fanno molti tentativi per aiutare la popolazione ad avere meno problematiche lavorative, ma spesso qualsiasi tipo di provvedimento non risulta essere perfettamente soddisfacente nonostante si faccia il possibile.