Dazi Usa, quanto ci si deve preoccupare in Sicilia: le province più colpite

Dazi Usa, quanto ci si deve preoccupare in Sicilia: le province più colpite

SICILIA – Pur non essendo tra le Regioni più colpite dai nuovi dazi imposti dal presidente statunitense Donald Trump, la Sicilia risentirà comunque – in modo inevitabile – dell’aumento delle tariffe sull’esportazione dei prodotti agroalimentari verso gli Usa.

A fare un quadro della situazione è stata la Cia-Agricoltori Italiani che, sulla base dei dati forniti dall’Istat, ha individuato i territori italiani più a rischio.

Dazi Usa, quanto devono preoccuparsi i siciliani

La provincia siciliana maggiormente messa a repentaglio è Trapani con il 31% di prodotti agroalimentari esportati per un valore complessivo di 59.014.728 euro. Seguono Palermo e Agrigento (17%), per un valore rispettivamente di 28.119.794 e 31.913.825. Subito sotto il podio si colloca Catania con il 10% (50.917.600), per poi essere seguita dal 6% registrato a Caltanissetta (810.844). Al terzultimo e penultimo posto, col 5%, ci sono Messina e Ragusa, con un valore rispettivamente di 12.228.054 e 14.575.486 euro. L’impatto minore dei dazi riguarda invece Siracusa (3.004.603) ed Enna (623.090) col 3%.

Provincia Valore export verso USA (€) % sul totale export agroalimentare
Trapani 59.014.728 31%
Catania 50.917.600 10%
Agrigento 31.913.825 17%
Palermo 28.119.794 17%
Ragusa 14.575.486 5%
Messina 12.228.054 5%
Siracusa 3.004.603 3%
Caltanissetta 810.844 6%
Enna 623.090 3%

La situazione in Italia

I dazi imposti dagli Usa metterebbero a rischio il settore agroalimentare di una provincia italiana su cinque. Nella lista delle province ad alto rischio, a seguito delle barriere protezionistiche annunciate da Trump, secondo l’Ufficio studi di Cia-Agricoltori Italiani ce ne sono 21 – su un totale di 107 – le cui esportazioni di food verso gli Stati Uniti generano un valore superiore ai 100 milioni di euro.

La più esposta, in questa classifica che guarda ai valori assoluti dell’export, è la provincia di Salerno con 518 milioni, suddivisi soprattutto in ortofrutta lavorata e conserve di pomodoro, oltre a zucchero, cacao e condimenti vari. Segue Milano, con 422 milioni di spedizioni verso gli Stati Uniti, che vedono in primo piano le bevande alcoliche da aperitivo. Cuneo è, invece, regina dell’export di vini con quasi 400 milioni di euro venduti negli Usa dalle cantine dell’Albese, delle Langhe e del Roero (Barolo e Barbaresco, in primis). Poco fuori dal triste podio il trevigiano con il prosecco delle colline di Valdobbiadene (355 milioni) e la Food Valley di Parma, 306 milioni, nella quale i dazi colpiranno soprattutto i Consorzi di Parmigiano e Prosciutto e le conserve di pomodoro.

C’è, poi, il confronto sui valori percentuali, con un quadro ugualmente allarmante, che mette in risalto le province più vulnerabili, perché tanto dipendenti dall’export verso gli Stati Uniti. Se Grosseto, infatti, esporta negli Usa 236 milioni di olio d’oliva, preoccupa ancor di più che queste spedizioni rappresentino il 71% di tutte le vendite agroalimentari della provincia verso l’estero.

Senza contare che “anche con un valore inferiore ai 100 milioni di export, sono tante le province piccole e rurali per le quali l’impatto sull’economia locale sarebbe maggiore rispetto ai territori più ricchi, che riescono a diversificare i loro sbocchi commerciali”, ricorda il presidente nazionale Cia, Cristiano Fini.

Cia valuta particolarmente fragili le situazioni di Nuoro e Sassari, che destinano al mercato statunitense il 65% di tutta la loro produzione agroalimentare, soprattutto quel Pecorino romano prodotto per il 90% in Sardegna utilizzato oltreoceano dall’industria alimentare per aromatizzare patatine in busta e altri snack. “Se il prezzo del Pecorino romano non sarà più competitivo, verrà probabilmente sostituito da altri formaggi di pecora americani -evidenzia Fini- determinando un crollo per l’economia delle province dell’isola che si regge su quella filiera. A preoccupare sarà il prezzo del latte, che potrà subire contraccolpi immediati”.

Tra le province più esposte, fuori dal territorio sardo, ci sono anche Catanzaro, dove il mercato Usa assorbe il 42% della produzione agroalimentare provinciale (ortofrutta lavorata, marmellate e conserve di pomodoro), Siena (vino e olio d’oliva) con il 34% e Roma (vino, olio d’oliva e di semi) con il 33%.