“Sui passi di lei” di Emma Di Rao

Non una, ma due e più protagoniste ci confidano le loro storie di vita incompiuta nel romanzo di esordio di Emma Di RaoSui passi di lei” Ianieri Edizioni. Nata a Siracusa dove ha sempre vissuto, docente di Letteratura italiana e Letteratura latina, assistente alla Cattedra di Letteratura Latina presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Catania, Emma di Rao è anche autrice di approfondimenti culturali sul quotidia­no “La Sicilia” e su “Letteratitudine”, uno dei più importanti blog letterari italiani.

Una donna può moltiplicare i suoi passi per una meta che nemmeno lei stessa conosce, vano sarà stato il suo sforzo consacrato al girotondo del nulla se ogni panorama viene offuscato dalle ombre sulle orme. Mille chilometri non sono bastati a convertire il dolore di Lea in una lacrima antica, dimenticata tra le pieghe dell’anima nata due volte: la culla in Sicilia, la città di Torino eletta nido protetto dalle schegge materne.

Si chiamava Adele, censita come madre di Lea in qualche certificato nascosto in un vecchio cassetto, ma adesso tutto questo poco importa, perché Adele sta per trasferirsi nella Luce dove tutte le madri piangono ai piedi della Madre di tutte.

A nulla sono valse le paratie innalzate, alle prime folate di vento sono cadute giù come foglie in pieno autunno. Al capezzale della madre le lacrime di Lea sgorgano confuse con le cicatrici mal curate dal tempo. Riaffiorano le debolezze nutrite dai ricordi in eterno conflitto col suo lavoro di editor, imponendo memorie fantasma tra le righe di saggi, romanzi, presenze non gradite perfino nelle relazioni intessute negli anni in compagnia di voci mute, le più pericolose.

Sui passi di lei” Lea ritrova intatti i suoi. Li conta, li segue, interroga il passato con la matura consapevolezza delle lancette avariate ma non dissolte nel nulla. Mano nella mano con Lea, altre donne chiudono il cerchio del gineceo intorno al quale si siede la femminilità sovrana.

“Il vuoto da cui era sempre stata assediata aveva ora una causa, il nome di una città, un tempo preciso. Che erano quelli segnati nella lettera. A non essere segnate con l’inchiostro erano tutte le mancanze che erano seguite e che non avevano mai smesso di zampillare, come acqua di una fontana, da quella persona che le era madre”.

Le figure femminili di Grazia, Leonina, Annabella e Adele potrebbero interpretare da protagoniste altrettanti romanzi il cui filo conduttore è strettamente legato ai passi di Lea più o meno fallibili. Capita di perdersi tra bivi travestiti da sirene tanto ammaliatrici quanto prive di forze calamite dei sentimenti nati e deceduti. Succede al segreto di Grazia, la governante vestita a lutto con un segreto pulsante nel cuore. A causa di una grave malattia sta per scadere il viaggio terreno di Annabella, ma è così puro l’affetto per Lea, l’amica di sempre, che la giovane donna costruisce su misura un’immagine lontana dalla triste realtà. La fragilità di Leonina provata dagli anni accoglie con rinnovato sole ogni sorriso grato al suo bene. A dispetto della sua età, le rughe maestre incantano gli analfabeti del cuore.

Del suo viaggio a ritroso nel tempo, Lea andrà a lezione di sentimenti sospesi per paura di riaprire ferite che, come belve feroci, sono pronte a mordere il futuro che resta.

Una madre assente nella presenza fattiva del suo mandato celeste logora il fiore piantato e subito abbandonato alle intemperie del ciclo vitale. Nella casa vuota, adesso Lea ritorna sui passi di lei e la ritrova nei vestiti devoluti alla polvere che cancella le impronte ma non la memoria.

La strategia elaborata durante le notti insonni chiede udienza al perdono. È crudele pensare che la morte di una madre non meriti la carezza che mai ha saputo offrire alla sua piccola cresciuta nell’indifferenza.

Ormai donna, Lea non si sottrae alle parole da lei stessa nascoste dietro paraventi illusori, così al suo lavoro di editor aggiunge la responsabilità di fogli bianchi in attesa delle parole dettate dal suo nudo interiore. Al potere catartico della scrittura sarà chiesto di acquietare il disordine sparso sui passi di una lei che le è stata madre incompiuta. Lasciare fluire l’inchiostro sarà come rompere gli argini dei ricordi intrappolati nelle notti senza luna, avvicinati da una carezza clemente dell’ultimo spicchio lasciato in eredità dal giorno.

“Prendere il suo passo. Ecco cosa da tempo stava cercando di fare. Prendere il passo di sua madre per andare in cerca dei cunicoli e dei sotterranei in cui lei era rimasta sempre nascosta. Avrebbe invece dovuto imparare a muovere i propri, di passi. Uno dietro l’altro, incerti o sbagliati che fossero, in qualsiasi direzione la portassero e purché fossero i suoi”.

Assai potente è il messaggio del romanzo scritto, inviato e visualizzato dai lettori intrattenuti dal disamore curabile con la paziente attesa, anziché la fuga lontano dalla Verità. E poi, quei cassetti mai stati aperti, perché l’orgoglio non concede il viaggio di ritorno sui passi falsi degli itinerari falliti. Al momento della fatale caduta, le donne perdono la chiave del giudizio, pienamente immerse nei ritagli di foto, labirinti mentali, parole sepolte sotto macerie di presenze senza volto. Giorno dopo giorno, il cassetto umano saturo di vertigini esistenziali comincia a cedere agli impulsi per troppo tempo sopiti, preparando una deflagrazione lenta ma esausta.