SICILIA – Stress lavorativo, burnout, disagi psicologici. Parole di cui molti disconoscono l’effettiva gravità e che, negli ultimi tempi e soprattutto nell’Isola, imprigionano migliaia di impiegati e lavoratori.
Ma cosa si intende dunque per stress lavorativo e quali sono i dati effettivi in Sicilia? Continuate a leggere per squarciare quel velo d’indifferenza e disinformazione che soffoca un fenomeno troppo comune.
Con la locuzione inglese “burnout“, in italiano “esaurito“, si indica una vera e propria sindrome legata allo stress lavoro-correlato, che porta il soggetto allo sviscerarsi delle proprie risorse psico-fisiche con la conseguente manifestazione di sintomi psicologici negativi.
Il burnout è stato riconosciuto come “fenomeno occupazionale” dall’OMS nel maggio del 2019 ma non ancora come una condizione medica.
Il fenomeno non prende quasi mai vita in modo improvviso, ma è l’apice di un terribile climax sviluppatosi nel tempo. In una prima fase, il lavoratore, sottoposto a pesanti carichi di lavoro affiancati da fasi di riposo minime, potrebbe considerare di scarsa rilevanza dei primi possibili sintomi come insonnia, cefalea e mal di stomaco.
Sintomi che potrebbero manifestarsi anche in forma psichica come la scarsa motivazione e una continua “sofferenza” durante i turni di lavoro.
Durante lo scorso anno, le manifestazioni di disagi psicologici a causa del lavoro hanno subito un incremento del 96,1% rispetto ai dati precedenti. Dati che sembrano non fermarsi anche per quest’anno: nei primi quattro mesi del 2024, infatti, emerge una crescita del 145,8% rispetto allo stesso periodo del 2023.
La Sicilia ha dunque purtroppo scalato le classifiche, diventando la seconda regione dello Stivale per incremento della problematica, con oltre il 27,6% dei rispondenti siciliani che si trova ad affrontare problemi connessi al lavoro e ricerca per questo un supporto psicologico.
Scavando ancora più a fondo sul fenomeno, grazie ai dati degli esperti di Unobravo, è emerso come il disagio sia concentrato maggiormente nelle provincie di Palermo e Catania, rispettivamente con una percentuale di 24,3% e 23%, seguite poi da Messina (12,9%) e Trapani (10,2%).
Chiudono la lista infine, Ragusa (8,3%), Agrigento (7,6%), Siracusa (7,2%), Caltanissetta (4,8%) ed Enna (1,7%).
I più esposti al rischio burnout in Sicilia sarebbero soprattutto le donne che, da sole, rappresentano il 63,7% del totale, quasi il doppio della media maschile che ammonta al restante 36,3%.
Il divario però non è solo di genere ma si dissipa anche tra le fasce d’età dove risultano più colpiti i giovani alle prime fasi della loro carriera professionale, accumulando, tra i 25 e i 34 anni, un preoccupante 66,5%.
Il 19,2% è poi compreso nella fascia dai 35 ai 44 anni e ancor più bassi, sotto il 9%, sono le statistiche per le fasce 45-60 anni, 18-24 e over 60.
“La situazione in Sicilia mostra un quadro preoccupante, che conferma anche il trend nazionale. Sempre più persone lamentano un malessere psicologico legato al lavoro, che, se non trattato, può portare a sintomi fisici e a condizioni gravi che impattano e interferiscono negativamente sulla vita delle persone, come la sindrome di burnout”, spiega la Dottoressa Valeria Fiorenza Perris, Psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo.
“La sindrome – continua – si sviluppa in quattro fasi: entusiasmo e aspettative irrealistiche, stagnazione, frustrazione e apatia. Riconoscerle quanto prima è fondamentale per richiedere, per tempo e prima che la sindrome abbia un grave impatto sulla propria vita, l’intervento e il supporto di uno psicologo o di uno psicoterapeuta, figure che possono aiutare a ristabilire un equilibrio tra la vita privata e quella professionale”.
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