Dal 4 novembre 1918 a oggi: la memoria di un sacrificio collettivo

ITALIA – Era il 4 novembre 1918, i comandi supremi di due eserciti firmarono l’armistizio di Villa Giusti, sancendo ufficialmente la fine dell’Impero austro-ungarico e la vittoria dell’Italia.

Ma a quale prezzo? Le armi si spensero, lasciando dietro di sé, in soli quattro anni, un’implacabile scia di morte: si contano oltre 10 milioni di vittime, tralasciando i civili.

Oggi si celebra il 106° anniversario di quel giorno storico, rendendo omaggio al sacrificio di tanti.

L’Italia e la sua prima grande prova unitaria

Appena unificato nel 1861, lo Stato italiano entrò nel conflitto mondiale con ancora vive le emozioni e le speranze risorgimentali. La Prima Guerra Mondiale fu la prima, drammatica esperienza collettiva della giovane nazione, un banco di prova che mise alla prova il senso di unità e il patriottismo di un popolo ancora in via di consolidamento.

L’Italia, sebbene gravata da profonde divisioni economiche e sociali, si trovò unita nell’impegno bellico lungo il fronte nord-orientale: dallo Stelvio agli altipiani d’Asiago, dalle Dolomiti all’Isonzo, fino al mare.

Il sacrificio dei soldati siciliani e l’amor di patria

Il conflitto coinvolse migliaia di giovani siciliani, sui 500mila, che lasciarono le loro famiglie e la loro terra per combattere in condizioni estreme. Abituati ai colori e ai profumi della Sicilia, questi uomini affrontarono il freddo delle montagne, la paura e le malattie delle trincee, e l’incertezza di un destino crudele.

In agguato
in queste budella
di macerie
ore e ore
ho strascicato
la mia carcassa
usata dal fango
come una suola
o come un seme
di spinalba

Questi versi di Ungaretti evocano l’immagine straziante dei soldati, ridotti a mere carcasse, trascinati dalla brutalità della guerra. La metafora del fango che li usa come una suola sottolinea il degrado a cui sono stati ridotti. In contrasto, emerge l’immagine del seme di spinalba, che invece suggerisce un simbolo di resistenza, un germogliare nonostante tutto.

La memoria e l’omaggio ai Caduti

Tra il 1915 e il 1918, circa 50mila siciliani persero la vita nella Grande Guerra, una cifra impressionante che rappresenta il 10% di tutti quelli mobilitati. Il sacrificio di questi uomini, e di tutti i soldati italiani, fu mosso da un profondo sentimento di amor di patria, che trovò la sua espressione più alta nella resistenza sul Grappa e sul Piave, fino alla decisiva vittoria di Vittorio Veneto.

Per onorare i sacrifici di chi perse la vita per la difesa della Patria, il 4 novembre 1921 fu celebrata la tumulazione del Milite Ignoto nel Sacello dell’Altare della Patria a Roma, un gesto simbolico che riunì nella memoria collettiva il dolore e l’orgoglio di un’intera nazione. Con il Regio decreto n.1354 del 23 ottobre 1922, il 4 novembre fu dichiarato Festa Nazionale.

Oggi, nei giorni intorno al 4 novembre, le più alte cariche dello Stato si recano nei luoghi della memoria per onorare i caduti di tutte le guerre. Le Forze Armate commemorano con gratitudine i seicentomila italiani che persero la vita e i tanti feriti e mutilati che portarono per sempre le cicatrici della guerra. La festa del 4 novembre vuole mantenere vivo questo sentimento di riconoscenza, ricordando che dalla sofferenza e dai sacrifici della storia nascono i valori irrinunciabili di una nazione.

Il significato della memoria e della Grande Guerra

Il ricordo della Grande Guerra non è una celebrazione della vittoria o della sconfitta del nemico, ma un tributo alla libertà e all’unità nazionale, tanto difficilmente conquistate e fortemente volute. È il riconoscimento che, dalle ceneri di un conflitto devastante, è nata una consapevolezza profonda del valore della pace e della necessità di difendere i principi di libertà e democrazia.

In Sicilia, ogni 4 novembre, le comunità si riuniscono attorno ai monumenti ai caduti per commemorare chi ha dato la vita per il futuro della nazione, rendendo omaggio a una generazione che ha affrontato l’orrore della guerra con coraggio e dedizione.

Enrico De Pasquale

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