Sicilia al secondo posto per emigrati all’estero: Regno Unito la metà più gettonata con aumento dei flussi del 63% nel 2020

Sicilia al secondo posto per emigrati all’estero: Regno Unito la metà più gettonata con aumento dei flussi del 63% nel 2020

SICILIA – Come è ben noto, nell’ultimo decennio si è registrato in Italia un aumento delle cancellazioni anagrafiche di cittadini italiani per l’estero (emigrazioni) e un volume di rientri che non bilancia le uscite (complessivamente 899mila espatri e 372mila rimpatri). Di conseguenza i saldi migratori con l’estero dei cittadini italiani, soprattutto a partire dal 2015, sono stati in media negativi per 69mila unità l’anno.

Proprio sull’emigrazione, in questi giorni, l’Istat ha pubblicato un report dettagliato spiegando che, al 2019, il volume complessivo delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è di 180mila unità, in importante aumento (14,4%) rispetto all’anno precedente.

Le emigrazioni dei cittadini italiani sono il 68% del totale (122.020) – spiegano gli esperti -. Se si considera il numero dei rimpatri (iscrizioni anagrafiche dall’estero di cittadini italiani), pari a 68.207, il calcolo del saldo migratorio con l’estero degli italiani (iscrizioni meno cancellazioni anagrafiche) restituisce un valore negativo di 53.813 unità. Il tasso di emigratorietà dei cittadini italiani è pari a 2,2 per mille“.

Distribuzione delle emigrazioni

Sorprenderà molti il fatto che la distribuzione degli emigranti è eterogenea su tutto il territorio italiano. In termini sia assoluti (59mila, pari al 49% degli espatri) sia relativi rispetto alla popolazione residente (2,4 italiani per mille residenti), il Nord è la ripartizione da cui partono più flussi migratori, seguita subito dopo dal Mezzogiorno, dal quale si sono trasferiti all’estero oltre 43mila italiani (2,2 per mille). Dati ben più bassi dalle regioni del Centro, dove il tasso è ben sotto la media (1,8 per mille).

A mostrare ancora l’eterogeneità della distribuzione degli espatri, è anche la classifica per regione: la regione da cui emigrano più italiani, in valore assoluto, è la Lombardia con un numero di cancellazioni anagrafiche per l’estero pari a 23mila; seguono Sicilia e Veneto (entrambe 12mila), Campania (11mila) e Lazio (9mila). In termini relativi, rispetto alla popolazione italiana residente nelle regioni, il tasso di emigratorietà più elevato si ha in Trentino-Alto Adige (4 italiani per mille residenti). In Calabria, Friuli- Venezia Giulia, Marche, Veneto, Sicilia, Molise, Lombardia e Abruzzo la propensione a emigrare è di circa 3 italiani per mille residenti. Le regioni con il tasso di emigratorietà per l’estero più basso sono invece Toscana, Liguria e Lazio, che presentano valori pari a circa 1,7 per mille.

Per quanto riguarda in termini relativi, rispetto alla popolazione residente in una determinata provincia, i tassi più elevati di emigratorietà degli italiani si rilevano a Bolzano (5 per mille), Trieste e Imperia (entrambe 4 per mille), Vicenza (3,8 per mille), Cosenza, Treviso, Agrigento e Isernia (tutte 3,6 per mille).

Mete degli emigranti

Nel 2019 il flusso di espatri verso il Regno Unito registra la cifra record di 31mila cancellazioni anagrafiche (+49% rispetto all’anno precedente), superando il picco dei 25mila espatri del 2016 (anno in cui è stato avviato il processo di risoluzione per l’uscita del Paese dall’Unione europea, concluso il 31 gennaio 2020 con l’accordo di recesso). Durante il cosiddetto “periodo di transizione” (stabilito di comune accordo tra Stati membri e Regno Unito e concluso il 31 dicembre 2020), molti dei cittadini italiani, verosimilmente già presenti nel territorio britannico ma non registrati come abitualmente dimoranti, hanno ufficializzato la loro posizione trasferendo la residenza nel Regno Unito.

Tra l’altro, secondo gli studi provvisori dell’Istat, il Regno Unito, durante il 2020, è andato in controtendenza, registrando nuovamente un aumento dei flussi del 63%. Anche in questo caso va rilevato che verosimilmente non si tratta, come già detto, di reali spostamenti avvenuti nel 2020 ma piuttosto di “regolarizzazioni”, attraverso l’iscrizione all’AIRE, di individui dimoranti da tempo nel territorio britannico.

Nel dato in generale, i paesi dell’Unione Europea, tenendo conto anche della possibilità di libero movimento, si confermano le mete privilegiate. Il secondo posto, dopo UK, nella graduatoria dei paesi di destinazione nel continente Europeo è occupato dalla Germania con poco meno di 19mila espatri (+4% rispetto al 2019, ma -23% nel 2020), il terzo dalla Francia (13mila), seguita da Svizzera (10mila) e Spagna (6mila). Nel decennio 2010-2019 questi cinque Paesi hanno accolto complessivamente circa 531mila italiani emigrati.

Tra i paesi extra-europei, le principali mete di destinazione sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada (nel complesso 16mila).

Un emigrato su 4 è laureato

Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, nel 2019 un italiano emigrato su 4 è in possesso di almeno la laurea (30mila). Rispetto all’anno precedente le numerosità dei laureati emigrati è in lieve aumento (+1,4%). L’incremento è molto più consistente se si amplia lo spettro temporale: rispetto a cinque anni prima gli emigrati con almeno la laurea crescono del 23%.

L’altra faccia della medaglia è costituita dai rimpatri: nel 2019, considerando il rientro degli italiani di 25 anni e più con almeno la laurea (15mila), la perdita netta (differenza tra rimpatri ed espatri) di popolazione qualificata è di 14mila unità. Tale perdita riferita agli ultimi dieci anni ammonta complessivamente a poco meno di 112mila unità“, spiegano gli esperti

Il trend in aumento degli espatri è da attribuire in larga parte alle difficoltà del mercato del lavoro italiano di assorbire l’offerta soprattutto dei giovani e delle donne – continua l’Istat -. A queste si aggiunge il mutato atteggiamento nei confronti del vivere in un altro Paese (proprio delle generazioni nate e cresciute in epoca di globalizzazione) che induce i giovani più qualificati a investire con maggior facilità il proprio talento nei paesi esteri in cui sono maggiori le opportunità di carriera e di retribuzione“.

I programmi specifici di defiscalizzazione, messi in atto dai governi per favorire il rientro in patria delle figure professionali più qualificate, non si rivelano quindi del tutto sufficienti a trattenere le giovani risorse che costituiscono parte del capitale umano indispensabile alla crescita del Paese“, concludono la valutazione gli esperti.

Fonte immagine: Il Giornale