Ottobre è il mese della storia nera: ecco cos’è e perché ci riguarda

Ottobre è il mese della storia nera: ecco cos’è e perché ci riguarda

SICILIA – Nel mese di ottobre in alcuni paesi di Europa, in particolare Regno Unito e Repubblica di Irlanda, si osserva il “Black History Month” ovvero “mese della storia dei neri“. Tale ricorrenza nasce per celebrare l’importanza delle persone e degli eventi nella storia della diaspora africana.

Il “black history month” non è nient’altro che l’evoluzione della “settimana della storia nera” voluta dallo storico o storico Carter G. Woodson. Quest’ultimo, infatti, non accettava l’indifferenza che la società aveva nei confronti dei neri. Nel 1926 Woodson inviò un comunicato stampa per celebrare la prima “Negro History Week”negli Stati Uniti. Durante queste settimane venivano messe in scena rievocazioni storiche dei momenti cruciali della storia dei neri, mentre i giornali pubblicavano articoli storici e le imprese locali si offrivano come sponsor e partecipavano alle festività. La celebrazione non riguardava solo avvenimenti storici; venivano celebrate anche le abilità artistiche nella musica, letteratura e arte.

Il primo riconoscimento ufficiale di tale ricorrenza arriverà con il presidente degli Stati Uniti Gerald Ford che ha, inoltre, invitato il pubblico a “cogliere l’opportunità di onorare i risultati troppo spesso trascurati dei neri americani in ogni area di impegno nel corso della nostra storia“.

Così, grazie al tenace lavoro dello storico, che viveva in una società razzista che rappresentava le persone nere in modo distorto e fuorviante e ne ignorava i contributi, nasce tale ricorrenza.

Durante questo mese, oltre a celebrare i successi, le conquiste e le scoperte dei neri, è anche un momento per guardare sotto una luce critica quanto accaduto nel passato e quale ruolo hanno avuto le varie società.

Tratta degli Schiavi e Sicilia

Infatti, spesso, tentiamo a dimenticare che anche il Bel Paese, e nel dettaglio la nostra Sicilia, portano con sé il peso di aver preso parte attivamente alla “diaspora africana” e alla terribile praticata della “tratta degli schiavi“.

In anni recenti, infatti, numerosi sono gli studiosi che hanno sottolineato come i trafficanti di “merce umana” fossero ben presenti anche in Italia e in particolar modo in Sicilia. La nostra Isola, infatti, era un perfetto luogo di scambio e di collegamento tra il continente africano e quello europeo.

Il professore siciliano Giuseppe Bonaffini ha proprio scritto un saggio accademico sulla tratta degli schiavi e sul ruolo della Sicilia. Nel testo “Corsari schiavi siciliani nel mediterraneo (Secoli XVIII-XIX)“, il ricercatore spiega che nel ‘500 la Sicilia numerosi armatori siciliani spingevano le loro navi “fin sulle coste africane per catturare non solo naviglio e mercanzie, ma anche merce umana che, ridotta in schiavitù, era venduta nei mercati siciliani“.

Agli inizi del Cinquecento  – si legge nell’articolo accademico del professore Bonaffini – un mercante di schiavi di Palermo è ricordato col soprannome di ‘lu nigreri’ (il negriero), verso la metà di quel secolo Paolo Caggio, scrittore palermitano pubblica un’operetta in forma dialogica dal titolo Iconomica sul governo della casa e della famiglia, nella quale gli schiavi sono considerati ‘la più degna, la più gradita, la più eccellente di tutte le possessioni‘”.

Quasi tutte le città marinare della Sicilia, grandi o piccole, divennero centri propulsori della fiorente pratica marinara che in breve rivelò il suo stretto legame col mercato della schiavitù, e, come quest’ultimo, risultò essere funzionale al sistema produttivo isolano almeno sino al XVI° secolo, risultando ‘un non disdicevole investimento‘  mediante il quale ‘alcune tra le più nobili famiglie si fecero una fortuna ‘ – prosegue l’articolo – Anche i nobili trapanesi non disdegnavano di investire i loro capitali armando navi corsare, da che tali investimenti procuravano a volta guadagni elevatissimi“.

Prima di concludere, in occasione del mese di ottobre, è bene ricordare i motivi per cui non bisogna utilizzare più il termine “di colore” ma invece sostituirlo col più corretto “nero”.

Perché la locuzione “di colore” è scorretta e offensiva

Il professore universitario e attivista Esoh Elamè, spiega infatti, che il termine ” di colore” è uno stereotipo, un luogo comune che fa parte di una visione etnocentrica della realtà da parte dei bianchi “che non si rendono nemmeno conto di avere anche loro un colore”.

Per tempo abbiamo pensato che tale locuzione fosse neutra ma, in realtà, come spiega Elamè, è frutto di una rappresentazione del mondo legata al periodo della segregazione razziale negli Stati Uniti. Infatti “di colore”, in inglese “coloured” era utilizzato per separare i bianchi dagli “ex-schiavi”.

Fonte immagine: motivational speakersagency.co.uk