Cronaca

Notte horror nell’Agrigentino, uomo picchia la moglie, le danneggia l’auto e sfonda il portone dell’ospedale

AGRIGENTO –Nella tarda serata di sabato 2 ottobre, a Ribera, i carabinieri della locale Tenenza, dopo una giornata intera di serrate indagini, hanno eseguito il fermo emesso dalla Procura della Repubblica di Sciacca nei confronti del 38enne T.A. di Ribera.

Dalle indagini dei carabinieri emerge un quadro di sconvolgente violenza: alle 3 di sabato scorso, T.A., operaio con piccoli precedenti penali e problemi di alcol e droga, preso da un raptus si presenta a casa della moglie, 32enne, da cui da circa un anno è separato e con cui ha avuto due figli, una femmina di 8 anni e un maschio di 11, rompe la catena di uno dei due cancelli d’accesso alla villetta in cui la donna vive con i figli, forza il portone d’accesso e, davanti ai bimbi, prima devasta casa e poi picchia selvaggiamente la donna, prendendola a pugni e a calci.

A causa dello spavento, la bambina non trattiene la pipì, facendola nel letto. La donna, atterrita, con il volto tumefatto e il naso sanguinante per i colpi ricevuti, riesce a scappare di casa grazie all’intervento dei figli accorsi in suo aiuto, portandoli con sé, e l’uomo, pur rincorrendola in giardino, non riesce a fermarla perché mentre sta tentando di scavalcare il cancello rimasto chiuso si ferisce a una mano con la lancia acuminata del cancello.

La donna ed i figli, ormai salvi, si recano a piedi dai carabinieri di Ribera,  mentre l’uomo non contento delle già perpetrate violenze  sfoga la sua rabbia sul veicolo della moglie, di cui poco prima aveva rubato le chiavi, danneggiandolo pesantemente. Subito dopo, per farsi medicare la ferita alla mano, T.A. con la propria auto raggiunge l’ospedale di Ribera. E qui, sembrando attingere dalla trama di “Arancia Meccanica”, ne combina delle altre.

Giunto in ospedale l’uomo ha, infatti, preteso di essere medicato, ma quando il personale medico non lo fa entrare nel Pronto Soccorso spiegandogli che è chiuso perché l’ospedale di Ribera è un centro Covid, non batte ciglio: sale a bordo della propria macchina e, dopo una breve rincorsa, sfonda con il veicolo il portone d’accesso al Pronto Soccorso. Poi, non ancora soddisfatto, risale in auto, si dirige verso la vicina Guardia Medica, scende dal veicolo e, siccome i sanitari non gli aprono prontamente, lui pensa bene di sfondare a pugni i vetri di due finestre. Infine, imprecando contro il mondo intero, sale in auto e, come in seguito si accerterà, si dirige verso l’ospedale di Agrigento presso cui si farà curare le ferite. Nel frattempo la moglie, giunta dai Carabinieri della Tenenza di Ribera, viene portata con l’ambulanza all’ospedale di Sciacca, dove viene curata per le lesioni giudicate guaribili in dieci giorni.

I militari della Tenenza di Ribera, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Sciacca, avviate immediatamente le indagini, riescono a ricostruire l’intera vicenda, scoprendo sulla base delle varie testimonianze che non era la prima volta che l’uomo aggrediva la moglie e fotografando un quadro di violenze consumate nel silenzio della vittima.

Il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Sciacca titolare delle indagini, valutata l’assoluta gravità dei fatti sulla base delle numerose prove raccolte dai Carabinieri, lo stesso sabato 2 ottobre ha emesso un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti di T.A. per maltrattamenti in famiglia, lesioni aggravate, e violazione di domicilio. Una volta rintracciato dai Carabinieri, a tarda sera per lui si sono aperte le porte del carcere di Trapani.

Un caso grave di maltrattamenti in famiglia perpetrato, come tanti altri, sulla pelle delle donne, spesso consumati in presenza dei più deboli, i figli minori. Ed è anche per tutelare loro che autorità giudiziaria, Arma dei carabinieri e associazioni per la tutela delle donne maltrattate invitano le vittime di violenze familiari a sporgere denuncia, anche perché la legge oggi mette a disposizione delle vittime un sistema di protezione che offre tante possibilità di difendersi dai soprusi, consentendo, nei casi più gravi, il collocamento in strutture protette.

Foto di Repertorio

Redazione

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