CATANIA – Monetine, dolci e lenticchie da una parte, cartelle, carte e tanto divertimento dall’altra. In un’ipotetica tavolata di Natale non potrebbe esserci che questo dopo l’assalto del cibo e dei piatti tipici. Giocate a carte, estrazioni a tombola e “azzardo” al Mercante in Fiera. Tutti giochi tipici che, purtroppo, mancheranno in questo Natale 2020 caratterizzato dal Coronavirus. Mancherà il rumore delle monetine da raccogliere per iniziare a giocare, la baldoria dei parenti e le sfide all’ultimo asso per vedere chi la spunta nel Cucù, e chi più ne ha più ne metta. In un’atmosfera intrisa di nostalgia e rimpianti, ecco qui i giochi tipici del Natale.
Cucù
Da che mondo è mondo, il gioco del Cucù vuol dire solo una cosa: ansia. Tre vite da 50 cents oppure comprare tre vite con un’euro? Scelte personali, ma il gioco non cambia. L’obiettivo è semplice, “sopravvivere” ai vari giri fino a rimanere l’ultimo giocatore con almeno una vita. Per farlo basta non essere il partecipante che rimane con la carta più bassa del giro in mano. Il paradosso asso e i dubbi con il quattro, il Re per bloccare chi vuole cambiare la sua carta bassa con la tua e il Cavallo per rinnovare l’ansia e saltare il proprio sfidante accanto per, magari, sostituire il proprio due con la beffa asso. Tra sguardi nascosti come nei tornei più prestigiosi di poker e sospetti su chi possa avere un asso e decidere se restare o meno con un due o un tre in mano degni dei migliori film gialli, il Cucù è uno status symbol dei giochi natalizi. La strada per la vittoria è ardua, ma il divertimento è assicurato. Un dubbio amletico, per concludere, attanaglia i più esperti giocatori. Meglio rifilare un asso a uno sfidante che cambia il suo due oppure mostrare un Re a colui il quale vorrebbe cambiare il suo asso?
Sette e mezzo
L’eterna sfida tra il banco e gli altri concorrenti, un banco però deciso dalla sorte. Chi becca la Matta (Il Re di denari) conduce il giro e ha la possibilità di farsi un tesoretto oppure di perdere tutto. L’obiettivo è raggiungere la somma (o avvicinarsi alla stessa), scommettendo sulle carte con cui stare o chiamare, di 7 e mezzo. Dall’asso al 7 le carte hanno il valore che si vede in figura. Tutte le figure, invece, valgono mezzo. Unica eccezione, la sopracitata Matta, carta alla quale si può dare il valore più conveniente al nostro gioco. Il banco punta a fare “sballare” (ovvero sforare la somma del 7 e mezzo), a raggiungere o superare il proprio avversario. Di converso, il giocatore che sfida il banco punta solo a fare di più, misurando la sua scommessa in base a quello che si trova in mano e alle carte che il mazzo gli offre.
Tombola
Novanta, “Spavento!”, 23, “Fortuna”, 33 “gli anni di Cristo”, 77, “le gambe delle donne”. Ogni numero un significato diverso, un estrattore e cartelle da “riempire” per poter prendere il premio più ambito, il valore della Tombola. Dall’ambo alla cinquina, il gioco della tombola è pieno di silenzi e tensione. Parla chi chiama i numeri e chi, urlando a squarciagola, concatena un ambo, un terno e così via. Tra infiniti silenzi e brevi schiamazzi, subito dopo una felicissima e stordente “Quaterna!”, vien da se che la folla si sfoghi. Tra chi si lamenta della mala sorte e di quel maledetto numero che aspettava da inizio serata per accaparrarsi il premio (che puntualmente uscirà dopo che l’avversario si sarà “pappato” i soldini), passando per i rassegnati senza neanche un numero coperto a più di metà gioco. Colui il quale riuscirà a indovinare la combinazione di cartelle giusta diventerà certamente il Rockefeller della serata.
La scelta poteva essere vasta, ma può comunque esserlo se si pensa che alcuni di questi giochi si possono fare in forma più ristretta e che, in fondo, lo spirito di riunirsi e stare assieme non è un qualcosa che si deve fare solo a Natale. Non nasce e muore in questo periodo, ma tale spirito per essere considerato sincero, deve valere in ogni momento dell’anno, soprattutto se quel momento segnerà la fine di questa maledetta pandemia.
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