SICILIA – “Il Decreto Sicurezza votato dal Consiglio dei ministri riduce drasticamente le possibilità di salvare vite in mare, limitando l’operatività delle navi umanitarie e moltiplicando i costi dei soccorsi per tutte le Ong in mare”.
Così Emergency commenta le disposizioni contenute nel Decreto Sicurezza sulle misure del soccorso in mare.
“Il 2022 si chiude con delle cifre drammatiche: quasi 1.400 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale solo quest’anno. Di fronte a questi numeri terribili, le disposizioni contenute nel Decreto sono inaccettabili perché, imponendo alle navi umanitarie di portare immediatamente a terra i naufraghi, di fatto riduce le possibilità di fare ulteriori salvataggi dopo il primo soccorso.
Le conseguenze di questo provvedimento saranno l’aumento dei morti in mare e dei respingimenti verso la Libia ad opera della Guardia Costiera libica. Nel 2022, sono state oltre 20mila le persone respinte in Libia.
I superstiti riportati in Libia scompaiono nei circuiti del traffico degli esseri umani o vengono trasferiti nei centri di detenzione, dove vivono in condizioni disumane, soggetti a maltrattamenti, abusi e torture ormai confermati da report delle Nazioni Unite, organizzazioni internazionali e testate giornalistiche di tutto il mondo. Per questo motivo, i respingimenti verso la Libia sono considerati illegali e l’Italia è già stata condannata per questo dalla Corte Europea dei Diritti Umani nel 2009.
I provvedimenti previsti dal Decreto, inoltre, determineranno una potenziale violazione dell’obbligo di intervenire in caso di segnalazioni di altre imbarcazioni in pericolo in mare, prescritto dal diritto internazionale e tutte le navi, anche quelle umanitarie, sono tenute a rispettarlo.
Infine, lo staff della nave dovrebbe raccogliere l’eventuale interesse dei superstiti di chiedere asilo, affinché sia il Paese bandiera della nave a farsi carico delle richieste di protezione internazionale.
Le linee guida dell’Organizzazione Internazionale Marittima (Imo) sono chiare: qualsiasi attività al di fuori della ricerca e salvataggio deve essere gestita sulla terra ferma dalle autorità competenti e non dallo staff delle navi umanitarie.
Ostacolare il lavoro umanitario, che ha come unico obiettivo la messa in salvo di persone, è inspiegabile se non in termini di consenso politico. Noi continueremo a salvare vite umane, nel rispetto del diritto internazionale e nazionale. Rispetteremo il codice di condotta solo qualora non entri in contrasto con norme di diritto internazionale e non smetteremo di credere che salvare vite umane è la cosa giusta da fare.”