Mafia, indagato per favoreggiamento l’ex pm del pool antimafia Gioacchino Natoli

SICILIA – Indagato dalla Procura di Caltanissetta l’ex pm del pool antimafia di Palermo Gioacchino Natoli, per i reati di favoreggiamento alla mafia e calunnia. Ha ricevuto inoltre un invito a comparire per essere interrogato.

La vicenda riguarda un filone dell’inchiesta mafia-appalti, svolta a Palermo agli inizi degli anni ’90. Secondo alcuni sarebbe questo il vero movente della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino.

L’accusa

I Pm contestano a Natoli di aver insabbiato l’indagine avviata dalla Procura di Massa Carrara e confluita nel procedimento mafia-appalti per favorire esponenti mafiosi come gli imprenditori Francesco Bonura e Antonino Buscemi.

Infatti l’ex pm del pool antimafia avrebbe agito in concorso con l’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, e con l’allora capitano della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Nell’invito a comparire Giammanco viene definito dai pm nisseni “l’istigatore“.

In base all’accusa, Natoli avrebbe aiutato i mafiosi Antonino Buscemi e Francesco Bonura, l’imprenditore e politico Ernesto Di Fresco e gli imprenditori Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del Gruppo Ferruzzi) ad eludere le indagini.

Le contestazioni

Nel dettaglio, al magistrato viene contestato di aver svolto, nell’ambito del procedimento 3589/1991 aperto a Palermo dopo l’invio delle carte da Massa Carrara su presunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane, una sorta di “indagine apparente“, “richiedendo, tra l’altro, l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai 40 giorni per la quasi totalità dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione, per assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indagini”, e di aver disposto, “d’intesa con l’ufficiale della Guardia di Finanza Screpanti che provvedeva in tal senso, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la “messa a disposizione” di Di Fresco in favore di Bonura, nonché una concreta ipotesi di “aggiustamento”, mediante interessamento del Di Fresco stesso, del processo pendente innanzi alla Corte d’Assise di Appello di Palermo, sempre a carico di Bonura per un duplice omicidio“.

L’ex pm del pool antimafia inoltre, non avrebbe aperto alcuna indagine nei confronti dell’imprenditore Luciano Laghi e dell’imprenditore Claudio Scarafia, “sebbene i due fossero risultati a completa disposizione di Bonura e dei suoi familiari” e avrebbe chiesto l’archiviazione del procedimento “senza curarsi di effettuare ulteriori approfondimenti e senza acquisire il materiale concernente le indagini effettuate dalla Procura della Repubblica di Massa Carrara”.

Per la Procura di Caltanissetta, “per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, avrebbe disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci”.

I reati sarebbero stati commessi con l’aggravante di aver agito al fine di favorire l’associazione mafiosa “con riferimento agli interessi della stessa nel settore dell’aggiudicazione degli appalti, operazione gestita unitamente al mondo imprenditoriale e a quello della politica”.

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