In ricordo di Rocco Chinnici: 41 anni dalla scomparsa dell’ideatore del “Pool Antimafia”

In ricordo di Rocco Chinnici: 41 anni dalla scomparsa dell’ideatore del “Pool Antimafia”

SICILIA – 41 anni dalla scomparsa di Rocco Chinnici, il giudice a cui viene associata l’ideazione del cosiddetto “Pool Antimafia”, con il quale c’è stata una vera e propria svolta nella lotta alla criminalità organizzata, soprattutto a Cosa Nostra.

Il “Pool Antimafia”

Era il 1980 quando Cosa Nostra uccise sia Emanuele Basile, capitano dell’arma dei carabinieri, che Gaetano Costa, procuratore e amico di Chinnici, con cui aveva lavorato a diverse indagini sulla mafia. A seguito di questi omicidi, ebbe l’idea di istituire una struttura collaborativa tra magistrati dell’Ufficio, conosciuta poi con il nome di “Pool Antimafia”.

Questo pensiero è nato anche per “preservare” le varie “scoperte” sulle indagini che un giudice porta avanti, poiché sapeva bene che uccidendo chi è da solo ad indagare su un certo ambito, si “seppelliscono” con lui anche gli esiti di quest’ultime, considerando anche la sovraesposizione e l’isolamento a cui è sottoposto e “costretto” un magistrato che si occupa di determinati casi.

I componenti e le indagini

Entrarono quindi a far parte della squadra alcuni giovani magistrati, tra cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta.

Furono parecchie le indagini condotte dal “Pool Antimafia” e coordinate da Chinnici, molte delle quali ritenute “scottanti”, come ad esempio le inchieste sui “delitti politici” del  Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella e del Prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa.

Nel 1982, precisamente a luglio, la sinergia tra polizia e carabinieri, fece emergere per la prima volta gli schieramenti mafiosi coinvolti nella seconda guerra di mafia, all’epoca ancora in corso, insieme ai gruppi sia “perdenti”, come la fazione di Botante-Inzerillo-Badalamenti, che “vincenti”, come i Corleonesi di Totò Riina, attribuendo loro i relativi omicidi, naturalmente con i dovuti approfondimenti e controlli.

Il “Maxiprocesso di Palermo”

Chinnici a quel punto decise di affidare a Falcone l’istruttoria riguardo le indagini basate sul Rapporto ricevuto. Un lavoro lungo, ma che porterà ad un grande risultato, ovvero il primo grande processo a Cosa Nostra, il famoso “Maxiprocesso di Palermo”.

Il mese successivo, il 17 agosto, l’Ufficio istruzione emise un mandato di cattura per 87 persone, fra cui anche i latitanti Giuseppe, Salvatore e Michele Greco, Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Salvatore Montalto, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga.

L’anno seguente, nel 1983, Chinnici emise un secondo mandato di cattura per i medesimi indagati, contestando gli stessi reati del primo. Questo procedimento fu messo in pratica anche per un terzo mandato di cattura, stavolta per 125 persone, ma con uguale motivazione.

Nell’ambito della suddetta inchiesta tra l’altro, Chinnici guidò un’operazione conclusasi con un quarto mandato, emesso però da Giovanni Falcone a carico di 14 indagati, tra i quali Michele Greco, Filippo Marchese, Salvatore Riina e Bernardo Provenzano.

Gli ideali di Chinnici

Rocco Chinnici credeva fortemente nel coinvolgimento dei giovani all’interno della battaglia contro la mafia, e per dimostrarlo partecipò a numerosi congressi e convegni giuridici/socioculturali in qualità di relatore, recandosi personalmente nelle scuole per parlare agli studenti della criminalità organizzata e per far luce sui rischi della droga.

L’attentato

Venne ucciso il 29 luglio 1983, all’incirca alle 08:00 di mattina, quando una Fiat 126 verde parcheggiata davanti alla sua abitazione saltò in aria, con all’interno settantacinque chili di esplosivo. Nell’attentato persero la vita il capo dell’Ufficio istruzione Rocco Chinnici, i due uomini della sua scorta, il maresciallo Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta, e Stefano Li Sacchi, il portiere dello stabile in cui abitava il giudice. L’unico ad essere sopravvissuto è stato l’autista dell’auto blindata del magistrato, Giovanni Paparcuri, che ha riportato “soltanto” alcune gravi ferite.

Ad azionare il telecomando che ha provocato l’esplosione è stato Antonio Madonia, boss di Resuttana, che in quel momento si trovava nascosto e appostato all’interno di un cassone di un furgone rubato e parcheggiato nelle vicinanze della via in cui viveva il magistrato.

Dopo un complicato Iter processuale e burocratico durato quasi vent’anni, nel 2002 la Corte d’assise di Caltanissetta ha condannato all’ergastolo come mandanti della strage i vertici della “Cupola” mafiosa, pertanto Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Raffaele Ganci, Antonino Geraci, Giuseppe Calò, Francesco Madonia, Salvatore Buscemi, Salvatore Montalto, Matteo Motisi e Giuseppe Farinella, e invece come esecutori materiali Antonio Madonia, insieme a Calogero e Stefano Ganci, Vincenzo Galatolo, Giovanni Brusca, Giuseppe Giacomo Gambino, Giovan Battista Ferrante e Francesco Paolo Anzelmo.

Il ritrovamento del “diario”

A seguito dell’omicidio, i familiari del giudice trovarono, rovistando tra le sue carte un’agenda, in cui vi erano annotati una serie di pensieri, appunti e considerazioni varie in merito alle situazioni che viveva, specialmente in ambito professionale.

Inoltre, con tanto di nomi e cognomi, venivano menzionati coloro che secondo Chinnici avevano a che fare con le associazioni a delinquere, facendo riferimento all’attività dei colleghi della Procura di Palermo, accusati di ostacolare le indagini dell’ufficio e di complicità con gli ambienti mafiosi.

Tale “diario” fu consegnato dalla famiglia alla Procura di Caltanissetta, che si stava appunto occupando delle indagini sulla strage, che a sua volta lo trasmise al Consiglio Superiore della Magistratura, che aprì un procedimento nei confronti dei magistrati citati.

La pubblicazione sulla stampa di ampi “pezzi/stralci” dell’agenda generò molteplici polemiche, causando anche imbarazzo e preoccupazione nelle Istituzioni e negli uffici giudiziari coinvolti.

Oggi, 41 anni dopo

Ogni anno in occasione di questa giornata, già dalla mattina, vengono svolte tante attività in tutta la Sicilia, e quest’oggi ha avuto luogo anche la cerimonia di commemorazione a Palermo, per ricordare il giudice Rocco Chinnici e le vittime che morirono nell’attentato.