In corsia per curare, in corsa per difendersi: l’escalation di violenza al personale sanitario in Sicilia

In corsia per curare, in corsa per difendersi: l’escalation di violenza al personale sanitario in Sicilia

In corsia per salvare vite ma, troppo spesso, in corsa per salvare la propria di vita. Il personale sanitario siciliano, e italiano, affronta quotidianamente episodi di aggressioni, fisiche e verbali, da parte dei pazienti.

Medici, infermieri e operatori sono diventati bersagli di una rabbia ingiustificata che non aiuta chi ha scelto quel lavoro proprio per aiutare.

Aggressioni al personale sanitario

Quando dicevamo “quotidianamente” non lo si faceva iperbolicamente. Bisogna infatti tornare indietro a qualche giorno fa quando, infastidita per l’attesa al pronto soccorso al Policlinico di Catania, una 45enne avrebbe minacciato di morte un infermiere tentando, inoltre, di aggredirlo con pugni e lanci di bottiglie.

Normale routine di un operatore, il quale nella tranquillità della situazione ha riportato un trauma contusivo all’arto, ma d’altronde sono i rischi del mestiere, giusto?

Restiamo nel Catanese e nella stessa linea temporale, dove cambia l’ospedale, cambia la vittima ma resta la violenza. Ci spostiamo all’ospedale Maria SS. Addolorata di Biancavilla e questa volta è toccato ad una dottoressa del reparto di Pediatria insieme ad un’infermiera e un vigilantes colpiti dall’ira funesta di una 26enne.

L’aggressione, ha ricostruito la Procura di Catania, era legata ai due figli della 26enne che aveva da poco ricevuto una notifica con la quale le era stato comunicato l’avvio di accertamenti per la verifica della sua idoneità genitoriale.

Convinta i controlli fossero scaturiti dopo una visita medica della pediatra sui due bambini aveva messo in atto la vendetta: l’ha raggiunta sul posto di lavoro per minacciarla e picchiarla.

L’incubo è iniziato nel reparto di Pediatria, ma si è trasformato in un caos incontenibile al Pronto Soccorso. Una donna, in preda alla furia, ha scagliato oggetti contro chiunque cercasse di riportare l’ordine. Il culmine della violenza? Un vaso di vetro lanciato contro l’addetto alla sicurezza e un violento schiaffo che ha raggiunto la pediatra, simbolo di una situazione ormai fuori controllo.

I dati preoccupanti

E se i due episodi non vi avessero ancora convinto, andiamo a dare uno sguardo ai dati sull’argomento. Secondo un report di Amsi, UMEM e Uniti per Unire, la Sicilia è stata la quarta regione per numero di aggressioni nell’ultimo anno con un incremento del fenomeno pari al 18% in più. Davanti l’Isola, Lazio (+19%); Puglia (+20%); Campania (+22%); Lombardia (+25%).

Dati che preoccupano ancora di più osservando come il 73% delle vittime siano donne e il 72% non denunci per paura o addirittura rassegnazione.

Solidarietà e protesta non bastano più

Solidarietà e protesta non bastano più, è necessario l’intervento delle istituzioni per intraprendere un’azione forte. Le aggressioni al personale sanitario, sia pubblico che privato, sono ormai talmente tante da essere presenti ogni singolo giorno sulle pagine dei giornali“. A dirlo sono il segretario generale Cisl Fp Sicilia, Daniele Passanisi, e il segretario generale Cisl Fp Catania, Danilo Sottile.

Il pericolo è che diventino episodi tanto frequenti da non destare più l’attenzione e la preoccupazione del pubblico, che, invece, dovrebbe essere costantemente in allerta non solo sul piano della solidarietà e della vicinanza, ma della ricerca attiva e continua di soluzioni al problema“.

Soluzioni per la difesa del personale sanitario

Come Cisl Fp abbiamo più volte non solo condannato con tutte le nostre forze gli episodi come quello accaduto nel reparto di Pediatria di Biancavilla – aggiungono Passanisi e Sottile -, ma anche proposto soluzioni per la difesa del personale sanitario dall’aggressività sempre più epidemica dell’utenza“.

Abbiamo parlato di organici, di miglioramento dei servizi, di rafforzare i presidi di polizia negli ospedali e altre misure che coinvolgono le Asp, come l’obbligatorietà di denuncia da parte dell’azienda e la sua costituzione di parte civile nei casi che ancora oggi, invece, vengono lasciati all’iniziativa del singolo operatore anche dal punto di vista della denuncia“.

Al tempo stesso – sottolineano i due leader sindacali – siamo da tempo convinti che il solo approccio securitario non basti a risolvere il problema delle aggressioni. Il prendere misure d’emergenza o il manifestare solidarietà solo in occasione dei fatti di cronaca è del tutto insufficiente, se non si accompagnano queste azioni a un’opera culturale che restituisca agli operatori della sanità il loro ruolo e la loro dignità“.

Chiediamo che sia l’assessorato alla Salute a intervenire con misure chiare che mettano fine non solo alle aggressioni, ma al clima di astio e ostilità che si è instaurato contro i lavoratori delle istituzioni sanitarie“, concludono.

La persona dietro il camice

Episodi che non possono più essere considerati frutto di un semplice momento di rabbia o casi isolati. Si parla di un fenomeno sempre più in crescita che lacera un camice già strappato e pestato in un luogo, quello degli ospedali, che dovrebbe essere un rifugio di umanità, ma che sempre più spesso si trasforma in un teatro di disumanità.

A volte dovrebbe semplicemente ricordarci che: dietro ogni camice c’è una persona, e nessuna emergenza giustifica la violenza.