Il potere delle emozioni a lavoro: l’arma “segreta” nascosta dietro la produttività

Il potere delle emozioni a lavoro: l’arma “segreta” nascosta dietro la produttività

Le emozioni sono il motore invisibile che guida il nostro comportamento quotidiano, e il luogo di lavoro non fa eccezione. Lontane dall’essere solo una questione personale, influenzano profondamente la produttività, il benessere e persino la coesione dei team.

Ma cosa accade quando le emozioni diventano il fattore decisivo tra successo e fallimento, tra motivazione e burnout? Comprendere e gestirle è oggi una sfida cruciale per manager e dipendenti, e può trasformare radicalmente il clima aziendale.

Sul tema, ai microfoni di NewSicilia, la psicologa Ines Catania ci svela – offrendo una visione profonda e completa – come le emozioni, spesso sottovalutate, possano diventare la leva strategica per il benessere lavorativo e il successo dell’intera organizzazione.

Autocontrollo ed empatia come pilastri

Quando si parla di emozioni in genere, ma nella fattispecie emozioni sul lavoro, mi viene in mente la frase che per anni, durante le mie esperienze in comunità e nei centri di accoglienza, mi ha spesso accompagnata: ‘L’arte delle relazioni richiede la maturazione di due abilità emotive, autocontrollo ed empatia‘. Due emozioni imprescindibili per stare bene in un ambiente di lavoro“.

Inizia così la nostra chiacchierata con l’esperta, dalle quali si comprende il ruolo determinante delle emozioni nel plasmare il comportamento e le competenze dei dipendenti, nolente o volente.

Pertanto, possiamo dire che “le emozioni influenzano quindi l’azione, il comportamento, la disponibilità ad agire, e quindi le competenze. L’attenzione alla loro gestione, nell’ambiente lavorativo, è quindi un aspetto determinante che manager e professionisti HR devono prendere assolutamente in considerazione“.

L’intelligenza emotiva

A questo punto, prima ancora di tracciare quelle che potrebbero essere delle strategie funzionali per i manager nel gestire positivamente un contesto di lavoro, è utile fare una disamina del concetto di intelligenza emotiva, che diventa un asset imprescindibile per gestire i rapporti tra i membri di un team.

Questa forma di intelligenza permette di presentare una critica in forma costruttiva e di creare un’atmosfera in cui la diversità è apprezzata e non disprezzata. Inoltre, consente di lavorare con profitto come una rete di connessioni reciproche“, spiega la dottoressa Ines Catania.

L’importanza del feedback e di una leadership efficace

Per la vita di un’azienda, quindi, è importante il feedback che permette di ottenere uno scambio di informazioni che consente agli individui di sapere se il lavoro va bene, necessita di modifiche, va migliorato o deve essere completamente riorientato.

Ma la leadershiptrasformazionale“, secondo i recenti modelli, richiede molto più di pianificazione e controllo: il manager avrà il compito ulteriore di ispirare e motivare i collaboratori, per rafforzare il senso di appartenenza e identificazione con l’azienda.

Non serve più, infatti, che il capo sia visto come un “controllore” esterno, pronto soltanto a pianificare e supervisionare il lavoro.

Il pericolo del burnout e i segnali di allarme

Chiariamo subito, però, che non tutte le emozioni portano benefici. Quando lo stress, la tensione e l’esposizione prolungata a eventi spiacevoli – caratterizzati da forte impatto emotivo – dominano la scena, il rischio di burnout è estremamente alto.

Piomba sul dipendente come una spada di Damocle e la ripercussione è inevitabile: “Si tratta di una sindrome caratterizzata essenzialmente da tre dimensioni: sensazione di esaurimento delle energie, distacco dal lavoro e riduzione dell’efficienza lavorativa“.

I campanelli d’allarme sono i classici malesseri fisici, che spesso vengono sottovalutati: insonnia, emicrania, disturbi gastrointestinali.

Ascolto attivo: una chiave per prevenire il malessere

Ignorare questi segnali può portare a gravi conseguenze per l’individuo e per l’azienda, ma esistono strategie preventive per contenere questi disagi o evitare la diffusione del malessere sul posto di lavoro.

Ad esempio, mettere in atto un vero e proprio “ascolto attivo” potrebbe essere la strada giusta. Nello specifico, “potrebbe rivelarsi molto utile l’organizzazione regolare di incontri one-to-one, metodo per riconoscere le situazioni che potrebbero minare l’espressione del potenziale personale: da un lato, il manager-coach ha la possibilità di ascoltare i pensieri dei collaboratori e coglierne i messaggi non verbali; dall’altro lato, le persone trovano un ambiente sicuro per condividere le preoccupazioni, ma anche le soddisfazioni“.

E come sempre mi piace pensare e professare, la chiave per un buon ascolto non è la tecnica, è il DESIDERIO. Fino a quando non vogliamo davvero capire l’altra persona, non potremo mai ascoltare bene“, afferma.

Nel corso di questi momenti di confronto, è importante comprendere quali siano i fattori che motivano ogni individuo a livello quotidiano, così come le situazioni che lo mettono a disagio e hanno un impatto sulla capacità di concentrazione.

Quindi, “a questo punto potenziare, creare delle associazioni, rinforzare i livelli motivazionali dell’individuo e al contempo, ‘ristrutturare‘ (donare nuova prospettiva, ridefinire) le situazioni che lo mettono a disagio, trovando nuove soluzioni e nuovi spunti per il futuro“.

Il racconto di un’esperienza vissuta

A tal proposito, la psicologa ha voluto condividere con noi una personale esperienza di vita, vissuta diversi anni fa durante un’esperienza di tirocinio in una caserma di forze dell’ordine.

In quella circostanza, “di fronte a casi di burnout, ho condotto dei colloqui One-to-One, dove è risultato utile l’utilizzo della metafora. Proprio in quel caso recitavo che, ‘come l’albero perde le sue foglie per rinnovare il proprio ciclo vitale, anche la persona, alle volte, ha bisogno di perdere qualcosa di importante per poi potersi rinnovare‘. O ancora: ‘I periodi di forte stress emotivo ci inducono a fermarci, e quel momento è così prezioso per ricaricare le batterie e ripartire meglio’“.

La psicologa ci ha offerto l’ennesima lezione preziosa per tutti, dai manager ai dipendenti.

Smart working: tra opportunità e rischi emotivi

Un altro aspetto da considerare è l’impatto dello smart working nelle nostre vite. Certo è che, negli ultimi 4 anni, questo nuovo modo di gestire l’impegno professionale ha creato una trasformazione significativa ma ha anche introdotto nuove sfide emotive.

Così abbiamo assistito a cambiamenti notevoli nel “lavoro agile”, dal modo in cui lo vediamo ai processi quotidiani.

Quella che inizialmente era una “risposta di emergenza a un’improvvisa crisi globale” si è trasformata in una “modalità di lavoro normalizzata e preferita da milioni di lavoratori di tutto il mondo“.

E ancora: “Sebbene il lavoro a distanza abbia un impatto generalmente positivo sulla vita dei lavoratori, ci sono degli aspetti negativi da considerare. I dipendenti a distanza spesso provano una sensazione di isolamento e di stress che non possono facilmente condividere con i colleghi o con i superiori, causando disimpegno e persino burnout. Come dire… ‘mal comune, mezzo gaudio?’“.

L’intervento dei manager, in questo contesto, è cruciale per supportare i lavoratori e prevenire il malessere.

La linfa vitale

Le emozioni, quindi, non sono solo una risposta automatica a ciò che accade intorno a noi. Costituiscono il vero barometro del nostro benessere, il motore che ci spinge o ci blocca, che alimenta l’entusiasmo o ci trascina verso il burnout.

Nel mondo del lavoro di oggi, ignorarle significa trascurare la vera linfa vitale dell’azienda. Gestirle con intelligenza, invece, può trasformare ogni ufficio in un luogo di crescita e realizzazione.

Perché il vero successo non si misura solo in numeri e performance, ma nella capacità di far sentire le persone parte di un progetto, di un sogno condiviso.

In fondo, il futuro delle aziende non è nelle mani di chi comanda, ma di chi sa ascoltare.