Bracconaggio fuori controllo in Sicilia: l’allarme di Legambiente, LIPU e WWF

Bracconaggio fuori controllo in Sicilia: l’allarme di Legambiente, LIPU e WWF

SICILIA – Nuovo episodio di bracconaggio internazionale in Sicilia. Sei cacciatori di frodo maltesi sono stati denunciati a Pozzallo, in provincia di Ragusa, mentre tentavano di rientrare in patria con 500 chilogrammi di carne di cinghiale, 10 fucili e centinaia di cartucce, dopo una serie di battute di caccia nel territorio ragusano.

La vicenda ha riacceso i riflettori su un fenomeno che, secondo le principali associazioni ambientaliste, è ormai completamente fuori controllo.

L’accusa delle associazioni ambientaliste

Legambiente, LIPU e WWF Sicilia hanno lanciato un grido d’allarme:

“In Sicilia il bracconaggio è ormai fuori controllo, si spara tutto l’anno ovunque, anche all’interno di aree naturali protette, complice la deregulation venatoria promossa dalla Regione”.

Secondo le associazioni, la Sicilia è diventata una “terra di nessuno”, conosciuta anche all’estero come territorio disponibile ai bracconieri, attratti dall’assenza di controlli e da una normativa regionale che ha favorito la presenza di cacciatori durante tutto l’anno.

Deroghe pericolose e controlli assenti

Nel mirino delle organizzazioni ambientaliste ci sono i provvedimenti emanati negli ultimi anni dall’Assessorato Regionale all’Agricoltura, che con il pretesto del controllo selettivo di cinghiali e daini avrebbe di fatto liberalizzato l’attività venatoria, persino in riserve e parchi naturali.

Un sistema che consente ai bracconieri di agire indisturbati, mimetizzandosi tra i “controllori” autorizzati, approfittando della mancanza di vigilanza.

“Il Corpo Forestale Regionale è ormai inefficiente, privo di personale sufficiente per presidiare il territorio – denunciano Legambiente, LIPU e WWF – mentre gli uffici regionali competenti si limitano alla sola gestione burocratica, senza alcuna attività operativa di controllo”.

Le richieste: stop agli abbattimenti e vigilanza reale

Le tre associazioni chiedono una svolta immediata:

  • Sospensione di ogni attività di abbattimento, soprattutto nelle aree protette e in questo delicatissimo periodo riproduttivo per la fauna selvatica.
  • Adozione di soluzioni alternative per contenere le popolazioni in sovrannumero solo in presenza di danni documentati.
  • Riattivazione di un servizio serio di vigilanza venatoria e un vero piano di contrasto al bracconaggio.

“È inaccettabile che norme nate per il controllo della fauna siano usate per mascherare una caccia selvaggia, mettendo in pericolo anche l’incolumità di escursionisti e visitatori”.

Un appello chiaro agli assessori regionali all’Agricoltura e all’Ambiente e ai dirigenti competenti, perché si metta fine a quella che le associazioni definiscono una deriva pericolosa per la biodiversità siciliana.