Anniversario della Strage di Capaci: il ricordo di Giovanni Falcone

Anniversario della Strage di Capaci: il ricordo di Giovanni Falcone

SICILIA – 32 anni fa, per l’esattezza il 23 maggio 1992, accadeva una delle stragi più efferate e cruente della storia italiana e siciliana: quella di Capaci.

Ricostruzione dei fatti

Ripercorriamo insieme, tramite una sorta di excursus, quello che successe in quel determinato periodo, in modo da ricordare così Giovanni Falcone e le vittime dell’attentato.

Era un sabato, e il Giudice Falcone, com’era solito fare nei fine settimana, rientrava in Sicilia dalla Capitale. Il volo, partito dall’aeroporto di Ciampino alle 15:50 circa, durato più o meno una cinquantina di minuti, è atterrato all’aeroporto di Punta Raisi di Palermo alle 16:45. All’arrivo, ad attenderlo c’erano la scorta e tre Fiat Croma blindate.

Dopo essere sceso dall’aereo, Falcone si è sistemato alla guida di una delle Fiat Croma, precisamente quella bianca, con accanto la moglie Francesca Morvillo, nel sedile lato passeggero, mentre ad occupare quello posteriore, è stato l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.

Nelle altre due Fiat Croma, c’erano rispettivamente in quella marrone, al posto di guida Vito Schifani, di fianco l’agente scelto Antonio Montinaro e sul retro Rocco Dicillo, e nell’altra azzurra Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.

Le tre auto si sono posizionate in fila, con in testa la Fiat Croma marrone, poi a seguire, nel mezzo, quella bianca guidata da Falcone e in coda quella azzurra, e imboccarono l’autostrada A29 in direzione Palermo.

L’appostamento

Nel frattempo, Gioacchino La Barbera, mafioso di Altofonte, ha seguito attentamente con la sua auto il corteo blindato dall’aeroporto di Punta Raisi fino allo svincolo di Capaci, mantenendosi in contatto telefonico con Giovanni Brusca e Antonino Gioè, capo della Famiglia di Altofonte, che in quel momento stavano osservando la situazione dalle colline sopra Capaci.

L’incidente

Brusca, alle 17:58, dopo aver terminato la chiamata con La Barbera e Gioè, attraverso un telecomando a distanza, ha azionato un’esplosione di 500 kg di tritolo, sistemati in precedenza all’interno di fustini in un cunicolo di drenaggio sotto l’autostrada, provocando la distruzione delle auto che stavano transitando in quel frangente.

La prima (Fiat Croma marrone), è stata colpita in pieno dall’esplosione, finendo in un giardino di olivi a più di dieci metri di distanza e uccidendo sul colpo gli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo; la seconda (Croma bianca), quella guidata da Falcone, avendo rallentato/decelerato per aver sfilato distrattamente la chiave dal quadro, si è schiantata contro il muro di cemento e detriti, innalzatosi improvvisamente per via dello scoppio, proiettando violentemente Falcone e la moglie, che non indossavano le cinture di sicurezza, contro il parabrezza; la terza invece (Croma azzurra) fortunatamente non ha subito gravi danni, infatti gli agenti hanno riportato soltanto alcune ferite.

Inoltre, sono riuscite a salvarsi anche altre venti autovetture, che in quell’attimo stavano passando sul luogo dell’attentato. Secondo le varie ricostruzioni, l’esplosione sarebbe stata talmente forte da causare una voragine enorme nel manto stradale. Gli altri automobilisti hanno immediatamente avvisato le autorità, cercando di prestare soccorso alle vittime.

L’intervento dei soccorsi

Venti minuti dopo, Falcone è stato trasportato sotto stretta scorta di un corteo di auto e di un elicottero dell’Arma dei Carabinieri, per giungere all’ospedale civico di Palermo nel minor tempo possibile.

Gli altri agenti e i civili coinvolti, sono stati anch’essi condotti in ospedale, mentre la polizia scientifica ha cominciato da subito ad eseguire i primi rilievi e il corpo nazionale dei Vigili del Fuoco provvide ad estrarre dalle lamiere i cadaveri degli agenti della Polizia di Stato Schifani, Montinaro e Dicillo, resi irriconoscibili dal forte impatto con l’esplosione.

Nel frattempo, sia la Stampa che la televisione hanno iniziato a diffondere la tragica notizia dell’attentato a Palermo.

Il triste epilogo

L’Italia è rimasta in tensione per la sorte delle vittime, fino al decesso di Falcone, di cui si è avuta conferma alle 19:05, un’ora e pochi minuti dopo rispetto all’esplosione, provocate dalla gravità del trauma cranico e delle lesioni interne, a seguito di svariati tentativi di rianimazione. Francesca Morvillo è morta invece sotto i ferri intorno alle 22:00, poche ore più tardi del marito. Viceversa, è rimasto miracolosamente illeso l’agente Costanza, nonostante si trovasse in macchina con il giudice Falcone.

Oggi

Quest’oggi, in occasione di questa data così importante, hanno avuto luogo in diverse parti delle Sicilia, numerose iniziative, volte a ricordare uno dei magistrati più coraggiosi, che si è distinto nella lotta alla mafia. Un uomo forte, che per anni, senza paura/timore o ripensamenti, non si è mai tirato indietro nella dura battaglia alla criminalità organizzata.

Di seguito alcune delle citazioni più celebri del giudice Giovanni Falcone:

La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni“.

L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza“.

Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini“.