Teresa Mannino si prende la scena a Sanremo: comicità e riflessione, tutto al femminile

SANREMO – Teresa Mannino è la co-conduttrice della terza serata del Festival: è lei a riempire il palco di Sanremo con la sua ironia e raffinata comicità, che portano quella ventata di allegra, di  leggerezza, ma anche di profonda riflessione, di cui aveva bisogno il pubblico della kermesse musicale.

La ‘co-co’ che ha accettato di vivere questo folle viaggio musicale è uno spasso di donna“: così l’ha definita Amadeus e così è stata. Una donna travolgente che ha vissuto Sanremo con uno spirito mai sentito al Festival: quello spirito di gioia e di festa che la rendono, prima di un’abile co-co, una grande fan e ammiratrice dello spettacolo di queste cinque serate.

L’entrata in scena

È stata accolta sul palco con un caloroso abbraccio del pubblico, soprattutto dei suoi conterranei, palermitani che, entusiasti del suo intervento a Sanremo, non hanno perso tempo a farsi riconoscere e a far sentire la loro voce. D’altronde, il saluto alla nostra Teresa non poteva essere che questo. Con la sua spontaneità disarmante, naturale e mai forzata, ha, già dalla scalinata affrontata con piglio e autoironia, catturato l’attenzione di migliaia di spettatori da casa.

Sanremo si ama, Ama si ama, ma io non scendo“. Esordisce la Mannino. “Queste scale non servono a niente. Ci sono altri otto ingressi, lui le mette per farti venire l’ansia. Qua dietro c’è gente che prega, amuleti, e lui che ti dice? È il momento più bello in cui ti guardano 10 milioni di italiani. Lo psicologo dovevi fare!“. Poi si rivolge alla platea, già in preda alle risate, con quell’atteggiamento che può permettersi solo lei, con quell’autocelebrazione mai egocentrica e arrogante: “Dovete dire: Te-re-sa, Te-re-sa. Va bene, mi avete convinta. Maestro, ci sei? Ci proviamo ragazzi. Musica!“.

Abito apparentemente semplice il suo, ma con quel dettaglio non indifferente della maniche piumate che lo ha reso unico e perfettamente conforme alla sua personalità, esuberante ma elegante al tempo stesso. E, in fondo, sono proprio i suoi abiti la chiave della sua intera partecipazione al Festival: la comica palermitana non vuole solo stupire e accaparrarsi la scena, ma vuole offrire uno spunto di importante riflessione. È impossibile non leggere nei suoi interventi la sua campagna di rivoluzione femminile: in fondo, la sua stessa partecipazione è un segnale di apertura al mondo delle donne, intese non più solo come “bellezza da contemplare” negli abiti scintillanti, ma come “intelligenze da ammirare”. Teresa Mannino dimostra che non è l’abito a far brillare, ma il sorriso e il talento. E questo lo dimostra anche il suo stilista, Fausto Puglisi, che le dedica parole affettuose e di profonda stima.

Per me Teresa è un’autrice, un’artista, grandissima, capace di distruggere l’ironia insipida della comicità maschile. Lei, la sua fisicità è una maschera bellissima. Allo stesso tempo commedia e tragedia, come vivono bene insieme… avulse da ogni banale e stupido tentativo di sedurre in modo ovvio… Che bello lavorare con l’intelligenza delle Donne…È uno stato che noi uomini non potremo mai raggiungere, perché spesso spaventa, e io l’ho voluta sposare.

Sapete quanto mi diverta giocare con la sessualità, you are so sexy, hot, bring, sexy back… Ma io amo tutte le DONNE LIBERE. Tutte! E così non le ho dato consigli, odio ricevere consigli e ancora di più, detesto gli stilisti che consigliano le donne. Per me Teresa, tradotta in moda, è un pantalone con le pinches, comodo e rilassato, è una blusa moderna e asciutta. Perché lei è così, sta bene così e si sente libera così. E quanto è bello tutto ciò… L’avventura più bella è trasformare in realtà ciò che una donna già è. Senza violentarne l’essenza.



Ti voglio bene Teresa. Grazie per rendere la vita più leggera e più profonda. Quante donne, come te, bellissime senza sapere di esserlo. Sicure e disinvolte. E quindi ancora più belle.” 

Il suo monologo sul “potere di”

Poi arriva quel momento, toccante, in cui la nostra comica dimostra che non riesce solo a strappare un sorriso o una risata, ma anche a trattare temi seri, di forte attualità e impatto sociale. Recita così il suo monologo:

Siamo nel 2024 ma ragioniamo come 2524 anni fa. Nel V sec. a. C. in Grecia c’era il filosofo Protagora. Protagora diceva che l’uomo è misura di tutte le cose, e per noi l’uomo ricco, bianco e occidentale è misura di tutte le cose, solo che l’ha persa, pensa che tutto il resto del mondo sia a sua disposizione e quello che non serve viene eliminato. E le donne? Che fanno? Eppure sono indaffarate. Parliamo allora di essere umano, ancora meglio, di animale umano. Noi siamo animali e ce lo dobbiamo ricordare. L’animale umano. Abbiamo la stessa origine. Abbiamo il 66% del patrimonio genetico uguale alle banane, mentre con gli scimpanzé il 98%. Noi ci sentiamo superiori perché parliamo. Mannino prosegue con il suo ragionamento, strappando talvolta qualche applauso dalla platea sanremese. Questo è lo stesso atteggiamento di noi siciliani che, quando incontriamo qualcuno che non capisce il nostro dialetto, lo chiamiamo cretino. Noi continuiamo a ripetere una frase fino a quando l’altro non la capisce“.

Poi continua i suoi accostamenti al mondo animale, ricordando come questi siano esseri che convivono con la natura senza distruggerla, al contrario degli uomini, che vogliono solo sovrastarla e dominarla.

“Noi esseri umani siamo fissati con il potere su: sugli altri uomini, sulle donne, sui bambini. Anche a me piace il potere, ma il potere di – che ha un’altra energia – il potere di ridere e far ridere, di vestirmi con le piume, di cantare stonata, di ballare per strada“. Il messaggio che conclude il suo monologo è infine il seguente, con una sorta di gioco di parole: Io non sono disposta a ignorare le storie che non sono ancora passate. Se non è passato, non è il momento di passare oltre“.

Articolo a cura di Giulia Leone