Malore, muore a 40 anni Finanziere di Acireale. “Eri il più duro di tutti noi”, lacrime per il Colonnello Roberto Russo

Malore, muore a 40 anni Finanziere di Acireale. “Eri il più duro di tutti noi”, lacrime per il Colonnello Roberto Russo

ACIREALE – Malore fatale per un Tenente Colonnello della Guardia di Finanza, Comandante del Nucleo di Polizia economico-finanziaria del Comando Provinciale di Rimini.

La vittimaRoberto Russo, 40enne originario di Acireale (Catania) – è stato colpito da un malore mentre faceva kitesurf.

Il malore in acqua e il decesso del Finanziere acese

Erano circa le 13 di ieri quando Russo è stato visto riverso in acqua.

A trovarlo un bagnino di salvataggio (anch’egli surfista) all’altezza del bagno 60 di Rimini.

Il Tenente Colonnello è stato visto riverso in acqua, il bagnino di salvataggio l’ha quindi portato a riva praticandogli da subito le manovre cardio respiratorie. Allertati i sanitari e trasferito d’urgenza in ospedale, è deceduto ieri sera intorno alle 21.

In ricordo del Colonnello Roberto Russo

Diversi in queste ore i messaggi di cordoglio per il Finanziere Russo, come Domenico, che scrive: “Addio mio caro amico. R.I.P.. Oggi piango un caro amico Roberto Russo, già Comandante del 15^ Corso VvBb. MA Pellizzon, oggi Comandante del Nucleo P.E.F. di Rimini“.



Lungo e toccante il ricordo di un collega: “In memoria di un grande uomo: il Colonnello Roberto Russo.
Ci siamo conosciuti alla Scuola Allievi Marescialli. Eri finito lì per caso, non era il tuo mondo, le scrivanie non sono mai state il tuo habitat. Da uomo d’azione preferivi il fango e l’addestramento militare, ma nonostante questo, nonostante la tua eccezionale prestanza fisica, era sorprendente ascoltarti spiegare materie universitarie a 140 allievi molto meglio di docenti in giacca e cravatta che facevano questo lavoro da una vita. E’ stato quello il momento in cui sei diventato per me il finanziere che volevo diventare: pronto a dare il massimo in qualunque ambito. Ma… le scrivanie non le potevi sopportare, men che meno le cattedre. Rompendo la rigida e sacra consuetudine che notoriamente vestono la GdF da decenni, sei riuscito a creare l’impensabile nel contesto della scuola: il Gruppo Combat.

Se prima del tuo arrivo gli allievi venivano messi passivamente a scimmiottare ripetitive esercitazioni da manuale per qualche giorno d’estate, con la tua visione avevi stilato un programma di addestramento militare e di polizia da fare invidia alle forze speciali. Hai selezionato personalmente le donne e gli uomini che ritenevi più adeguati al tuo progetto, e dopo averli fatti correre, allenarsi e rotolare nel fango fino al limite delle proprie capacità umane li hai presi con te in questo progetto addestrativo mai visto prima d’ora.

Ci hai presi da parte, ci hai infuso fiducia in noi stessi, ci hai spinto a fidarci gli uni degli altri facendoci capire cosa significava DAVVERO essere un militare. Alla fine di quel durissimo periodo hai sollevato il velo dalla tua creazione, mostrando agli occhi delle più alte autorità ciò che eri riuscito a creare, meravigliando anche i più scettici e convincendoli che non eri un ufficiale qualunque. Proprio alla fine dell’esercitazione scattammo questa foto memorabile, che ben rappresenta lo spirito che ci hai trasmesso e l’affetto che ci hai costretto a provare per il nostro Comandante istruttore. Dopo quel giorno hai scelto pochi di noi per affiancarti nell’insegnamento. Prima di assegnarmi al team delle irruzioni e nel combattimento militare a corta distanza hai voluto avere contezza di tutta la mia carriera universitaria e testarmi in un combattimento corpo a corpo, e solo dopo esserti sincerato che potessi mantenere i tuoi standard hai deciso di fidarti di me assegnandomi la responsabilità del team irruzioni. Nonostante (poi me lo avresti rinfacciato con un sorriso inaspettatamente soddisfatto per dieci anni) in quel duello epico ti ruppi una costola.

Non dimenticherò mai cosa ha significato per me la sensazione di essere considerato alla tua altezza, avere l’approvazione della persona che più ammiri è un qualcosa che difficilmente si dimentica nella vita. Abbiamo continuato a creare legami indissolubili anche con i nuovi arruolati che hai deciso di inserire, amicizie tra le più belle che ho avuto, e poi, d’improvviso hai lasciato l’Aquila per riprendere la tua brillante carriera. Ti sei distinto nella tua terra, la Sicilia, poi la Toscana, e infine Rimini. Eppure, il nostro Gruppo Combat non si è mai mosso di un millimetro, eravamo sempre li, anche a distanza, sempre immobili nel nostro monumentale senso di appartenenza reciproca. Ci siamo aiutati a vicenda, abbiamo riso, abbiamo fatto progetti. Ci siamo allenati insieme, siamo andati a ballare, abbiamo coltivato la nostra VERA (amavi sottolinearlo spesso) amicizia giorno per giorno, anche a costo di farci ore e ore di treno. Convinti che un giorno saremo tutti arrivati alla pensione insieme, un gruppo di vecchietti col basco pronti a rievocare le imprese passate, sempre sotto la tua guida.

E invece oggi, Roberto, è arrivata questa notizia come una pallottola nel petto. Il punto di riferimento, la roccia che eri, è sparita. E te ne sei andato da guerriero, non nel letto, non alla scrivania, ma come si addice ad un uomo d’azione: sul campo, tra il cielo, il mare e la terra. Si sappia che il tuo lavoro eccellente ha portato tanta giustizia in questo Paese, il tuo esempio ha lasciato una scia preziosa di giovani volenterosi a cambiare in meglio la realtà che ci circonda, ed a farlo con il tuo spirito vivo e indomabile.

Eri il più duro di tutti noi. ‘Ho avuto ufficiali competenti che, di fronte ad un plotone, non vedevano altro che un plotone, un gruppo di soldati. Ma ho avuto anche leader che di fronte ad un plotone vedevano 44 individui, ciascuno dei quali aveva aspirazioni e sentimenti, ciascuno dei quali voleva vivere, ciascuno dei quali voleva far bene’ (H. N. Schwarzkopf)“.