“Succede sempre qualcosa di meraviglioso” di Gianluca Gotto

Nessuna ombra di lode obbligata per quello che viene definito il libro dell’anno, quello appena chiuso e confezionato con cura nell’album di proprietà di chi lo ha vissuto. “Succede sempre qualcosa di meraviglioso” di Gianluca Gotto conferma lo scrittore torinese tra i principi della narrativa contemporanea espressa in quattrocento pagine di psicologia fruibile attraverso la lettura di un romanzo preposto al raggiungimento dello scopo.

Uno dopo l’altro, i giorni del futuro in costruzione di Davide, giovane architetto dal percorso lavorativo votato all’incerto, crollano come le torri di un terribile settembre continuato nel tempo. Dalla sua parte, una bonaria porzione di umanità la ritrova nel nonno, presenza-guida ed esperto alpinista delle rocce in caduta libera sui piani della vita. La prima crepa si fa avanti negli occhi chiusi per sempre della generazione sepolta secondo la legge dell’Immenso.

Il vuoto del nonno aiuterà il dolore appassito nel lutto che analizza il silenzio con un rassegnato placet. L’ iter del dopo morte avviene dal notaio con la consegna delle ultime perle di saggezza inoltrate dall’eco di una nuova dimensione. Un itinerario con l’ambizione di credersi viaggio nel credo di un ampio respiro, qualche migliaia di euro in tasca per incontrare dall’altra parte del mondo un uomo con nome e cognome mai apparsi sulle labbra del nonno.

Né lo stato, né il continente dove Davide fa avanti e indietro sul balcone in cui ha sempre vissuto sono vicini di casa del Vietnam, Paese dalla filosofia affine alla religione depositaria di un codice spirituale a cui si deve spazio sull’altare. Se la meta è Guilly, il personaggio indicato nelle ultime volontà di un nonno assiduo lettore dei sensi, il primo passo dovrà sentirsi libero di accogliere l’eredità nascosta tra le pieghe dell’anima.

Un biglietto aereo può portarti ovunque, due righe in nero su bianco solo per te e nessun altro non temono rivali nella corrispondenza dei sentimenti. Guilly c’è, Guilly esiste. Il nuovo e alquanto strano rapporto relazionale di Davide con uno sconosciuto viaggia in una sorta di staffetta a tre voci, due provenienti dall’organo motore della vita e una di sola anima accorata. Da qui in poi, l’imbarcazione a quattro vele sostituisce una zattera solitaria e stanca di guadare il fiume con le proprie forze di proprietà a nessun cuore e con il destino perduto nelle lingue di sabbia.

Le tipicità del paese asiatico scorrono parallele al ragionare dei due uomini esploratori l’uno del riflesso dell’altro. Vengono posti quesiti lasciati in sospeso tra le fauci della depressione che azzanna il tempo e le piccole gioie incompiute intorno al mondo, il proprio. L’ emozione intenerisce gli affetti riducendoli a una impalpabile carta velina da proteggere con ogni mezzo, pur di mantenerla integra al cospetto di chi l’ha osservata fluttuare sulla pelle. Gianluca Gotto dispone le fondamenta dell’equilibrio lasciando che le parole offrano una lettura psicoanalitica convivente con una narrativa distesa. Chi è il maestro, chi l’allievo, il primo sente ciò che l’altro ascolta affinchè lo spirito di bene penetri in ogni cellula responsabile della vita.

Un giovane uomo ha voluto andare oltre le misure protettive delle paure che frenano la corsa sulle gambe degli anni. “Nulla resta mai uguale a sé stesso. Cambiamo noi e cambia la realtà intorno a noi. Per questo motivo la vita è un fiume. Scorre in una sola direzione, in avanti e non c’è modo di far scorrere la sua acqua indietro”. Al centro di un percorso di consapevolezza e crescita personale non si può che dare credito alle parole, ai suoni, a una folata di vento che scompiglia i capelli per distogliere l’ossessivo rimuginio diventato solida pietra. Il ricorso al farmaco della meditazione attiva la giostra delle emozioni perdute tra i meccanismi di una bussola ormai da collezione. A cosa serve stilare un programma della felicità se lasciamo fuori dal testo la tenerezza di un battito d’ali? Piccole meraviglie ovvie solo allo sguardo mediocre.

Il tempo trascorso in attesa di indossare le ali è stato fertile quanto il “qui e ora” raggiunto a passi lenti. Il “frattempo” è vitamina ad ampio spettro per una partenza a cuore nudo, senza alcuna vibrazione addosso. “Se soffri è per colpa della tua mente. Nient’altro. Non ci sono altri colpevoli, la vita non è ingiusta e tu non sei vittima di nulla. Non c’è nessuna sofferenza nel momento presente. La vita non è quello che è successo ieri e non è quello che potrebbe succedere domani.

La vita è qui e ora. Duemilaseicento anni fa, Lao Tzu rispondeva in questo modo a chiunque gli dicesse di soffrire: “Chi vive nel passato è depresso; chi vive nel futuro è ansioso; chi vive nel presente è felice”. Ecco cosa significa che la vita non va spiegata, ma vissuta. Non ci sono domande a cui rispondere ogni secondo, ragioni da scovare, problemi da risolvere. C’è solo da vivere”. Queste sono “le non-regole di Taro”, una raccolta di insegnamenti orientali sulla rinascita dai turbamenti che hanno minato la serenità interiore. Perché la leggerezza dello stato d’animo sceglie sempre la dimensione dell’amore in cui riflettere “sulla sensazione di essere a casa, sempre”.

Sara D'Angelo

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Sara D'Angelo
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